Guerra tra gli sciacalli
Ancora ci sono corpi sotto le macerie di quel ponte maledetto che nel governo è scattata la gara a chi la spara più grossa, manco fossimo al bar sotto casa.
Ministri che si improvvisano giudici, politici che pensano di essere ingegneri, minacce di ghigliottina sulla pubblica piazza per i Benetton (proprietari della Società Autostrade), voglia di vendetta sommaria contro chiunque abbia avuto a che fare con il ponte e con i Benetton stessi ai quali Di Maio ha annunciato di voler revocare sui due piedi la concessione, manco stessimo parlando del pass per entrare in centro storico o della licenza di caccia. Una guerra tra sciacalli. Una babele infernale e indegna che aggiunge danno a danno (per esempio il crollo dei titoli delle società coinvolte che sono in mano anche a piccoli risparmiatori) e denota l’inesperienza di questa classe dirigente che si sta comportando come i venditori al mercato del pesce dove le urla servono a stordire i passanti e coprire la scarsa qualità del prodotto.
Siamo la solita Italia di Piazzale Loreto, la barbarie umana e giuridica che non cancellò le colpe del fascismo ma mise da subito i presunti «buoni» sullo stesso piano dei presunti «cattivi». Voler appendere i Benetton a testa in giù può essere comprensibile, in queste ore di dolore e smarrimento, da parte di chi sotto quel ponte ci ha lasciato pezzi della sua storia e della sua vita, potremmo financo scriverlo noi per assecondare la rabbia di tutta la nazione o potrebbe sostenerlo qualche partitino in cerca di facili consensi. Non può farlo, a nostro avviso, chi ha responsabilità di governo, chi deve fare rispettare le leggi, accertare i fatti con rigore e trovare soluzioni credibili. Ed è credibile secondo voi l’annuncio di rescindere a costo zero il contratto ultra ventennale con i Benetton e statalizzare da subito le autostrade? Stiamo cioè parlando di dare la gestione e manutenzione delle autostrade a uno Stato che ha dimostrato di non saper gestire in sicurezza scuole, tribunali, edifici pubblici e tantomeno i ponti (quello crollato di recente nel Lecchese era sotto la sua responsabilità).
Quasi tutto ciò che è pubblico in Italia è fuori legge e se dovesse sottostare al diritto privato dovrebbe chiudere non domani ma oggi stesso.
Noi non è che ci auguriamo, noi pretendiamo che sia fatta chiarezza su ciò che è successo martedì a Genova e negli anni passati tra i governi Prodi, D’Alema e Gentiloni (quelli cioè che hanno ratificato le varie concessioni) e il gruppo Benetton. Ma fino a che non lo sappiamo, niente gazzarra. Se capace, Di Maio invece di teorizzare un Paese da socialismo reale, si occupi di fare controllare lo stato di tutti i ponti e viadotti pubblici e privati fino a che stanno in piedi.
Questo deve fare un ministro, sempre che ci creda perché non dimentichiamo che – a proposito di geni – fu proprio il suo movimento a definire «una favoletta» l’ipotesi che il ponte di Genova potesse crollare da un momento all’altro.
IL GIORNALE