Se Amazon vende Di Maio
Non facciamoci prendere in giro. Dietro l’annuncio di Di Maio che a breve una legge impedirà a negozi e centri commerciali di tenere aperto nei giorni festivi, domeniche comprese, non c’è alcuna visione romantica della vita, non la tutela delle famiglie dei lavoratori, ma solo un enorme piacere ai nuovi poteri forti, quelle big tech che già controllano le nostre teste e i cui nomi ci appaiono familiari e rassicuranti, da Amazon a Google, da Facebook a Twitter.
Parliamo di giganti insaziabili, di dittature dal volto amico che con la scusa di semplificarci la vita stanno realizzando il più grande monopolio mai esistito al mondo.
Impedire l’apertura festiva del commercio tradizionale non aiuta a creare nuova occupazione, semmai riduce e penalizza economicamente quella esistente. In compenso – ovviamente – spinge ancora di più le vendite on line, regalando soldi e potere ai colossi dell’economia digitale senza che questo produca un beneficio di entrate per lo Stato perché le big tech le tasse le pagano (poche) nei paradisi fiscali. Abbiamo parlato di «un piacere», ma più probabilmente siamo di fronte a uno «scambio di piaceri» tra i Cinquestelle e il mondo digitale che li ha generati e aiutati a svilupparsi. Una volta politica e poteri forti si sostenevano finanziandosi, spesso illegalmente, a vicenda. Nella nuova era la manipolazione della democrazia avviene con metodi molto più sofisticati, dalla costruzione delle fake news alla diversa visibilità concessa – attraverso complicati algoritmi – alla propaganda dei partiti e dei loro sostenitori.
Se scrivo, come sto facendo, che Google, Amazon e Facebook sono pericolose dittature e che tra loro e il governo italiano ci potrebbe essere un patto oscuro non credo che oggi e in futuro sarà facile rintracciare questo articolo sul web. Da quelle parti vige infatti la più rigorosa delle censure e quello che passa per loro è gratuito, non riconoscendo alcun diritto d’autore ai contenuti che veicolano. Mercoledì il parlamento europeo tenterà di approvare una legge che tuteli editori e giornalisti – stabilendo un prezzo ai contenuti – dal saccheggio di Google e soci che è la prima causa della crisi dell’informazione tradizionale. Sapete chi si oppone? Guarda caso i Cinquestelle. Tra i negozi chiusi e l’informazione gratis e filtrata c’è più di un nesso. Ciò che chiude non conta più, ciò che è gratis non ha valore. Chiaro, no?
IL GIORNALE