«Chiudere la domenica? 40mila posti a rischio e si favorisce l’online»
«Io mi chiedo: perché?».
Perché cosa presidente?
«Perché riportare indietro le lancette della storia? Perché mettere a rischio 40mila posti di lavoro? Perché mettere in difficoltà i clienti? Perché dare un ulteriore vantaggio all’online? Perché danneggiare chi ha investito (e spaventare chi vorrebbe farlo anche dall’estero)?».
Mario Gasbarrino è presidente e amministratore delegato di Unes Supermercati (gruppo Finiper): 2.900 dipendenti in 120 punti vendita tra Lombardia, Piemonte ed Emilia Romagna di cui il 60% sempre aperto, festivi inclusi.
Perché è così contrario alle chiusure domenicali previste dai disegni di legge di Cinque Stelle e Lega?
«Perché non è una priorità per l’Italia; perché 16 Stati d’Europa su 28 hanno adottato la liberalizzazione e noi torneremmo indietro; perché ormai fare la spesa la domenica è un’abitudine consolidata per 19 milioni di italiani; perché è un errore far tornare la gestione alle amministrazioni locali, dopo essere usciti dal Medioevo grazie alla legge Monti del 2011».
Ma i suoi supermercati non restano chiusi a Natale, a Pasqua, a Capodanno e nel giorno del Primo Maggio?
«Nel 2011, quando entrò in vigore la liberalizzazione, non aprivamo solo due festivi all’anno. Ora siamo passati a 5 che nel 2019 diventeranno 6: ma è una scelta aziendale che facciamo di anno in anno, non imposta dall’alto. Noi abbiamo un buon rapporto con i nostri lavoratori e cerchiamo di andar loro incontro».
Allora, ha ragione il ministro Luigi Di Maio: meglio chiudere nei giorni di festa e riunire le famiglie?
«Mi chiedo: la rovina delle famiglie sono i supermercati aperti nei festivi o la mancanza di lavoro? C’è gente che fa la fila per lavorare la domenica, perché quei 200 euro in più a fine mese su uno stipendio da 1.100, 1.200 euro non sono pochi. Non c’è un’imposizione, c’è la rotazione. E nei nuovi contratti la domenica è un giorno lavorativo come un altro, anche se retribuito con una maggiorazione del 30%».
Perché in caso di limite alle aperture domenicali, i lavoratori rischierebbero il posto, non possono lavorare anche negli altri giorni?
«Tenere aperto la domenica significa il 14% in più di ore lavorative, cioè circa il 10% di forza lavoro in più, inclusi interinali e lavoratori a tempo determinato: se devo chiudere non posso tagliare un braccio al macellaio del banco macelleria, sono costretto a licenziarlo. Le persone non sono noccioline: qui rischiamo fino a 40mila licenziamenti, sono quattro Ilva.
È vantaggioso restare aperto la domenica?
«È il secondo incasso della settimana, dopo il sabato: se ci fanno chiudere facciamo un favore all’online, ci hanno pensato?».
La riforma prevede anche che la gestione delle aperture torni ai Comuni.
«È la cosa più grave: una materia come questa deve essere uguale per tutti, invece troppa discrezionalità favorisce clientelismi e burocrazia. Diventerebbe una giungla».
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