Tagli all’editoria, da Di Maio nuovo attacco alla stampa

ROMA – Cinquestelle all’attacco sull’informazione. A dare il via alla campagna è Luigi Di Maio che denuncia “l’odio dei media” nei confronti del M5S come elemento di continuità dal 2014 a oggi.  “I giornali dei ‘prenditori editori’ ormai ogni giorno inquinano il dibattito pubblico e la cosa peggiore è che lo fanno grazie anche ai soldi della collettività: in legge di bilancio porteremo il taglio dei contributi pubblici indiretti e stiamo approntando la lettera alle società partecipate dallo Stato per chiedere di smetterla di pagare i giornali (con investimenti spropositati e dal dubbio ritorno economico) per evitare che si faccia informazione sui loro affari e per pilotare le notizie in base ai loro comodi”, tuona il vicepresidente del consiglio su Facebook.

A far saltare i nervi al capo politico dei cinquestelle è la notizia che vedrebbe il reddito di cittadinanza ridotto a 300 euro per 4 milioni di persone. “Questo non è giornalismo, è solo propaganda per difendere gli interessi di una ristretta élite che pensa di poter continuare a fare il bello e il cattivo tempo: non sarà più così, il Paese ha bisogno di un’informazione libera e di editori puri senza altri interessi”.

A spiegare meglio cosa il cinquestelle intenda per informazione libera ci pensa Vito Crimi, il sottosegretario con  delega all’Editoria. Anche il primo capogruppo grillino alla Camera denuncia gli intrecci perversi che uniscono carta stampata, grandi aziende e vecchi partiti politici. Ma si spinge oltre. Dettando ordine e importanza delle notizie secondo la nuova era del “cambiamento”. “A contare sono solo i comitati di affari che foraggiano i giornali con inserzioni a peso d’oro. Come si spiega il silenzio del maggior numero dei giornali  sul nome dei Benetton? Per giorni sono riusciti a non citare nemmeno per sbaglio questi fantomatici innominati, padroni di fatto di Autostrade per l’Italia nonché elargitori di generosi investimenti in inserzioni pubblicitarie. Poi è arrivata  la conclusione della trattativa sull’Ilva di Taranto: un grande risultato per il nostro governo, ma i giornali si sono ben guardati dal concedere spazio a questa buona notizia. Per mesi hanno sguinzagliato i migliori giornalisti e dedicato prime pagine sperando nel fallimento del ministro Luigi Di Maio. E adesso? Anziché riconoscere i nostri meriti, ripartono all’attacco con pagine sull’immaginaria gaffe di Di Maio: abbiamo capito il loro gioco: parlare del governo solo per parlarne male”, dice su Fb Crimi. “Ma non saranno le fabbriche di fake news a fermarci. Il nostro obiettivo è sacrosanto, liberare per davvero l’informazione italiana e per essere libera l’informazione italiana deve slegarsi dai soldi pubblici e dalla politica che glieli elargisce”.

L’obiettivo, visto che i finanziamenti pubblici all’editoria non ci sono più e da un pezzo, è quello di vietare anche le inserzioni pubblicitarie verso i giornali “nemici” del governo. Immediata le reazione della Federazione nazionale della stampa. “Dichiarare guerra ai cosiddetti editori impuri annunciando norme di legge punitive come fa Di Maio ha il sapore di un’intimidazione e di un attacco alla libertà di stampa, garantita dall’articolo 21 della Costituzione”, ricordano Raffaele Lorusso e Giuseppe Giulietti. “Va constatato che che al di là dei proclami e degli annunci  di misure liberticide il governo e le forze di maggioranza hanno bocciato un emendamento al decreto dignità che puntava a contrastare la precarietà lavorativa nel settore dell’informazione, un precedente che non lascia intravvedere niente di buono”. “Di Maio non si deve permettere di minacciare la stampa, vuole fare il caudillo e mettere il bavaglio ai giornali rei di scrivere cose sgradite al M5S, difendere in ogni modo l’articolo 21 della Carta”, avverte Andrea Marcucci, capogruppo Pd alla Camera. “Il rispetto della idee altrui non appartiene al M5S”, aggiunge Mariastella Gelmini, di Forza Italia.

REP.IT

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