M5S “blinda” ddl anticorrotti, prescrizione è in Contratto
Dopo il decreto sicurezza, anche il disegno di legge anticorruzione rischia di trasformarsi in un nuovo campo minato per la maggioranza. Oltre all’emendamento che punta a sospendere la prescrizione in presenza della sentenza di primo grado, scavano un ennesimo solco tra Lega e 5 Stelle anche quelle norme sui partiti e le fondazioni che il Carroccio vorrebbe sopprimere. Delle oltre 300 proposte di modifica presentate al testo, ce ne sono alcune targate Lega che puntano ad eliminare l’articolo 7, considerato il “fiore all’ occhiello” per il M5S, visto che “garantisce trasparenza” nella gestione di partiti e fondazioni. Il contrasto tra i parlamentari è intenso, tanto che alla fine, per alzare l’asticella nella trattativa, i pentastellati decidono di inserire prima la norma sulla prescrizione e poi un inasprimento delle pene per gli evasori.
La misura in realtà viene firmata da uno dei relatori, Francesca Businarolo (M5S), ma non viene depositata in commissione. Annunciata su alcuni giornali, si spiega, sarebbe ancora oggetto di confronto serrato nella maggioranza. Nell’attesa, i pentastellati fanno quadrato intorno all’ articolo 7 e avvertono che la norma non si tocca. “Sulla trasparenza dei partiti non ci sarà alcun passo indietro” assicura il Guardasigilli Alfonso Bonafede. E ancora più diretto è il vicepremier Luigi Di Maio: “Ho visto che sono stati presentati emendamenti soppressivi alla trasparenza dei partiti e delle fondazioni”, “magari ci sono problemi interni alla Lega, non lo so e non mi interessa”, osserva, ma sul punto non si molla, come ribadiscono molti altri pentastellati.
Quindi Di Maio insiste sull’importanza dello stop alla prescrizione (“una vera rivoluzione”) ricordando come il tema rientri nel “contratto di governo”. Ma è proprio sulla riforma della prescrizione, peraltro sostenuta in altre legislature anche dal Pd, che alzano gli scudi anche le Camere penali e l’Associazione Nazionale forense che definiscono “manifesto” la norma dalla quale “traspare una concezione autoritaria del diritto penale e del processo” e che è “smaccatamente incostituzionale”. Se Di Maio “pensa di poter recuperare il voltafaccia comico sulle grandi opere con il massacro dei diritti fondamentali come quello della ragionevole durata del processo, sbaglia e di grosso”, commenta il capogruppo di FI in prima commissione Francesco Paolo Sisto.
Intanto, a riscaldare ulteriormente gli animi interviene l’annuncio della Businarolo di voler depositare emendamenti che inaspriscono le pene per gli evasori e riducono le soglie oltre le quali scattano i reati tributari. In particolare, chi froda il fisco con fatture false rischia da 4 a 8 anni di carcere, chi fa dichiarazione infedele dai 2 ai 5 e per omessa dichiarazione dai 2 ai 6. La norma, che non arriva in commissione anche se lei assicura di averla trasmessa e non compare nel fascicolo degli emendamenti, provoca la protesta di FI e del Pd che, con il capogruppo in commissione Alfredo Bazoli, parla di misura che si starebbe cercando di introdurre “alla chetichella” e che “rappresenterebbe, dopo il grave episodio sulla prescrizione, un ulteriore inaccettabile oltraggio alle prerogative della Commissione e del Parlamento”. Sul punto infatti il coro dei commissari è quasi unanime: la riforma dei reati fiscali nel decreto sulla P.A. “non c’entra nulla” e come tale va dichiarata “inammissibili”. In più, si riflette nella maggioranza, potrebbe anche “tardare i tempi di esame del ddl” che è atteso in Aula per il 12/11. Per ogni nuova proposta si deve concedere tempo per la presentazione dei subemendamenti.
L’HUFFPOST