Stress test, banche italiane promosse
È andata bene: le banche italiane, come era nelle attese, superano gli stress test dell’Eba, l’Autorità dell’Unione europea che vigilia sul mercato bancario europeo. E anzi, sembrano cavarsela anche meglio di altre banche europee. E pur considerando che la fotografia dello stato di salute delle prime 48 banche d’Europa (che pesano per il 70% del mercato) si basa sui bilanci di fine 2017, si tratta certamente di una notizia confortante, accolta con soddisfazione dal ministro dell’Economia Giovanni Tria.
Come chiarisce Banca d’Italia, lo stress test di quest’anno non stabiliva una soglia minima di capitale da rispettare, e non prevedeva dunque «promozioni» o «bocciature»: è solo uno strumento per valutare la capacità di tenuta del patrimonio delle banche a fronte di ipotetici scenari economico-finanziari avversi. Prendendo però come base minima il 5,5% fissato da Basilea 2, si nota che nessun istituto italiano è sceso sotto questa quota. Neppure nello scenario peggiore (lo «scenario avverso»), che prevede per l’Italia, tra l’altro, una riduzione del Pil nel triennio 2018-2020 del 2,7%.
Ebbene, Intesa Sanpaolo nell’ipotesi peggiore vede il proprio Cet1 fully loaded (ovvero con il recepimento a regime dei criteri contabili Ifrs9, più stringenti) al 9,66%, mentre il Cet1 Transitional (e cioè con i criteri transitori dell’Ifrs9) è al 10,40%. Entusiasta è Carlo Messina, ad di Intesa Sanpaolo, secondo cui «la nostra banca è un chiaro vincitore di questo esercizio». Per Unicredit il fully loaded al 2020 è stimato nello scenario avverso al 9,34%, stesso livello che troviamo per il Transitional. Banco Bpm vede al 2020 il Cet1 fully loaded al 6,67%, il Transitional all’8,47%, mentre per Ubi Banca questi 2 valori si attestano rispettivamente al 7,46 e all’8,32 per cento. In sintesi, commenta dalla sede Eba di Londra Mario Quagliariello, direttore del Dipartimento di Economic Analysis and Statistics, i risultati degli stress test «hanno dimostrato che gli sforzi effettuati dalle banche negli scorsi anni per migliorare i propri coefficienti patrimoniali hanno contribuito a rafforzare la loro resilienza e la capacità di resistere anche agli shock più severi». Va ricordato però che Unicredit e Bpm risultano fra le 25 banche europee che nello scenario avverso dovrebbero ridurre la distribuzione di dividendi.
«Soddisfazione per l’esito degli stress test condotti dall’Autorità bancaria europea sullo stato di salute del sistema bancario italiano», è stata espressa dal ministro dell’Economia, Giovanni Tria. Per Bankitalia, «nel complesso le banche europee hanno mostrato una buona capacità di tenuta a fronte delle condizioni di stress ipotizzate nello scenario avverso. I risultati confermano il generale rafforzamento della solidità del sistema bancario europeo», mentre «per le quattro banche italiane incluse nel campione la riduzione media ponderata del Cet1 ratio nello scenario avverso è pari a 3,9 punti percentuali su base fully loaded, un risultato in linea con quello medio del complesso delle banche dell’Ssm incluse nel campione e con la media totale Ebe».
Tra le banche non italiane, la situazione più sotto osservazione era quella di Deutsche Bank, che comunque è stata «promossa», andando meglio delle previsioni degli analisti. Il colosso tedesco, nello scenario avverso, si ritrova con un Cet1 in calo di -651 punti base a quota 8,14%. Tra le più deboli della classifica sono le banche britanniche Barclays e Lloyds, anche se nessun istituto creditizio scende sotto il minimo legale del 5,5%. Barclays (7,07%) è la peggiore in assoluto. Segue la tedesca Norddeutsche Landesbanken, con lo 7,28%, ma neanche la francese Societé Generale fa bene (7,61%). Come accennato, se invece si guarda al Cet1 in regime fully loaded, cioè con l’applicazione immediata degli Ifrs9 che comporterà una graduale stretta alla gestione dei rischi, se la cavano un po’ meno bene Ubi (7,46%, ma nella media Ue) ma soprattutto Banco Bpm che ne esce con un Cet1 al 6,67%, appena un gradino sopra Barclays (6,37%).
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