Manovra, i conti non tornano: così lo spread si mangia la crescita immaginata dal governo

di MAURIZIO RICCI

Mai sentito parlare di “stimolo fiscale recessivo”? Sembra un ossimoro, invece è l’ultima sorpresa recapitata dalla Manovra del Popolo, a causa della spirale dello spread. Secondo il governatore della Banca d’Italia, Visco, la bolletta di uno spread che resta ai livelli attuali (300 punti) è di 40 miliardi di euro in tre anni: 5 subito, nel 2019, che diventano altri 12 nel 2020 e si sommano ai 22 del 2021. Ma questa zavorra sul debito pubblico è solo una parte degli effetti della differenza nei rendimenti fra il Bund tedesco e il Btp italiano. E, tutta insieme, la storia dello spread è sufficiente a mandare all’inferno la Finanziaria 2019. Chi si è messo a far di conto è giunto, infatti, alla conclusione che, se il costo del debito pubblico non cala in fretta, anche nell’ipotesi più benevola – e cioè che il governo riesca davvero a mettere al lavoro i meccanismi pensati per i rilancio dell’economia (consumi, investimenti) – la manovra non solo non darà lo sviluppo dell’economia che è stato promesso e che è alla base di tutta la strategia, ma si tradurrà, invece, in una contrazione: nel 2019, il Pil nazionale segnerebbe quasi un meno 0,1 per cento, invece del più 1,5 promesso. Un risultato sorprendente, eccezionale ed inedito, a cui gli esperti hanno anche dato un nome: quello italiano sarebbe, infatti, il primo caso di “espansione recessiva”.

“Normalmente, un disavanzo espande il Pil e l’austerità lo contrae, anche in paesi molto indebitati. L’Italia è un’eccezione”. Sono le parole di Olivier Blanchard, economista autorevole e soprattutto, come capo dell’ufficio studi del Fondo monetario internazionale, l’uomo che ha gestito la conversione del Fmi da paladino dell’austerità a suo oppositore. L’autocritica di Blanchard si basava sui moltiplicatori, cioè la somma di effetti – diretti e indiretti – di una politica. Pensavamo che il moltiplicatore dell’austerità decisa dagli europei nel 2011 fosse limitato, invece la stretta ai bilanci pubblici ebbe effetti quasi doppi, ha riconosciuto Blanchard, rivedendo tutti i calcoli. Insomma, un esperto di moltiplicatori che, adesso, esamina il moltiplicatore studiato da Savona e Tria per arrivare ad una crescita del Pil che fornisca le risorse per la Manovra del Popolo.

Partiamo dal disavanzo strutturale (quello al netto della congiuntura) che, nella Finanziaria, è ufficialmente previsto aumentare, l’anno prossimo, dello 0,8 per cento. E’ lo stimolo fiscale chiave messo in campo. In generale, spiega Blanchard, si considera un moltiplicatore 1: ad uno stimolo dello 0,8 per cento corrisponde un aumento del Pil dello 0,8 per cento. In cifre, un aumento del disavanzo di 100 euro determina una crescita del Pil di 100 euro. Ma l’ex capo economista del Fmi vuole tenersi largo e immagina un moltiplicatore più alto, 1,5. Dunque un disavanzo dello 0,8 per cento produce una espansione dell’1,2 per cento. Ma ecco che arriva lo spread a mangiarsela. Gli interessi sul debito pubblico, sui canali di finanziamento delle banche e sui prestiti che le banche fanno alla clientela vanno di pari passo. Da aprile ad oggi, gli interessi sui Btp decennali sono cresciuti di 1,6 punti percentuali, ovvero, più o meno, dall’1,8 al 3,4 per cento.

Ora, ricorda Blanchard, secondo gli economisti un aumento dei tassi si riflette, pari pari, sul Pil. Nel caso italiano, consideriamo un moltiplicatore più basso: 0,8. Risultato? Lo stimolo fiscale dello 0,8 per cento moltiplicato per 1,5 meno l’aumento dei tassi dell’1,6 per cento moltiplicato per 0,8 dà meno 0,1 per cento. L’economia italiana andrebbe verso la recessione.

Profeti di sventura? I dati, però, per ora gli danno ragione. “Il credito è diventato più facile in Europa nel terzo trimestre, anche al di là di quanto si aspettassero le banche stesse” recita l’ultima rassegna della Bce sulle banche, uscita dieci giorni fa. Tranne che in Italia, però, sottolinea lo stesso rapporto. La percentuale di banche che hanno ristretto il credito è diminuita in Germania e in Spagna è rimasta uguale in Francia. Il giro di vite sui prestiti alla clientela c’è stato, questa estate – i primi mesi del governo gialloverde – solo in Italia. E solo l’Italia registra un 10 per cento di banche in più che già denunciano difficoltà a finanziarsi e a chiudere i bilanci. Duro crescere, se le banche si chiamano fuori.

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