Vittorio Feltri: il governo non cadrà, i grillini non vogliono tornarsene a casa
Secondo me peggiori dei grillini che dicono e fanno dieci scemenze al giorno ci siamo soltanto noi giornalisti che gli diamo retta come se fossero persone attendibili, quando, invece, sono dei mentecatti. Allorché li ascoltiamo o leggiamo le loro bischerate dovremmo fare spallucce e mandarli al diavolo. Essi si sono montati la testa quanto tutti coloro che non ce l’ hanno: per giudicarli non servono né editorialisti né politologi. Bisognerebbe ricorrere agli infermieri di una volta, quelli che mantenevano l’ ordine nei manicomi al tempo in cui Basaglia non ne aveva ancora decretato la chiusura d’ ufficio.
Parecchia gente è preoccupata: teme che i cinquestelle, indubbiamente balordi, siano in grado di mandare il Paese in malora, per cui è allarmata e tende a prenderli sul serio. In realtà i pentastellati non sanno più da che parte girarsi per mantenere fede alle promesse elettorali idiote, e alzano la voce, insultano, si stracciano le vesti perché non hanno altre risorse per dimostrare di essere vitali e attendibili.
Sono pieni di idee sballate che ovviamente non possono realizzare e si accontentano di campare alla giornata, tirano la fine del mese per riscuotere l’ indennità e cominciano a preoccuparsi poiché parecchi di essi, per esempio Di Maio, per non citarne una moltitudine, sono consapevoli, al termine della legislatura in corso, di dover abbandonare lo scranno e di conseguenza lo stipendio. Già.
Lo statuto grillino prevede che onorevoli e senatori non siano abilitati a stare nel Palazzo per oltre due mandati. Ecco perché si agitano. Fanno il diavolo a quattro allo scopo di modificare in corsa i propri regolamenti al fine di seguitare a rimanere a Roma anche in futuro. Questo è il tema che sta loro a cuore: la permanenza sui privilegiati seggi, che garantiscono un reddito decente a personaggi senza arte né parte i quali hanno trovato nelle istituzioni il modo per sbarcare il lunario.
Il campione dei manutengoli è il capo, cioè il nullafacente Giggino da Pomigliano d’ Arco. Egli non romperà mai l’ alleanza spuria con Salvini per motivi esistenziali e alimentari: qualora cadesse il governo e si trattasse di rivotare, non potrebbe più ripresentarsi.
Glielo vieterebbe il citato statuto dei 5 Stelle. Costui e vari suoi colleghi sarebbero obbligati a rientrare a casa con le tasche vuote. Una iattura di fronte alla quale sono pronti ad accettare qualsiasi nefandezza pur di tenere in piedi l’ esecutivo, che garantisce ai fannulloni incompetenti del Movimento introiti insperati prima di candidarsi al Parlamento.
Stiano tranquilli i cittadini che temono il tracollo del sistema. Il gabinetto Conte è un pericolo pubblico ma non è in pericolo per le ragioni sopra espresse: ai balordi stellati conviene abbozzare piuttosto che sfasciare l’ esistente, pena la disoccupazione o un posto di bibitaro allo stadio San Paolo di Napoli. Coraggio, veniamo giù dalla pianta e guardiamo in faccia la realtà: i servitori del comico genovese stanno bene al calduccio di Montecitorio, di Palazzo Madama e di Palazzo Chigi. Non vi rinunceranno. Il loro scopo è resistere, guai a desistere. Il rischio è fare la fame.
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