I soldi in tasca
di GIUSEPPE TURANI
Il pubblico minuto (il «popolo») ha voltato le spalle ai Btp, suo tradizionale e rassicurante investimento, e anche gli investitori istituzionali sono stati prudentissimi. Il commento è molto semplice: la gente non si fida dei titoli di Stato italiani. Probabilmente sta commettendo un errore (non siamo in default), ma certo non hanno rasserenato l’aria tutte queste polemiche con l’Europa. La gente, come dicono i sondaggi, continua a preferire Lega e 5 stelle, ma quando si tratta di soldi sceglie di tenerli in tasca. O, magari, di metterli su qualche solido mattone, come si faceva una volta.
Questo, curiosamente, accade quando lo spread, invece, mostra segni di miglioramento. E questo è un altro elemento significativo: i mercati ritengono che nel braccio di ferro fra Unione europea e Italia alla fine la spunterà Bruxelles e Roma dovrà rivedere le sue posizioni più dure. La strada, peraltro, è molto semplice: si tratta solo di rinviare di mesi, o forse addirittura al 2020, le cose più costose.
Il governo potrà sempre dire che farà quanto è stato promesso in campagna elettorale (anche senza specificare esattamente i tempi), e la Commissione Ue potrà dirsi soddisfatta. D’altra parte, questa sembra essere già la strada che il ministro Tria sembra voler percorrere, sia pure con molta prudenza per non irritare i due vicepresidenti, che sono entrambi tipi permalosi e nervosi.
Ma non può stupire che dentro questa specie di commedia dell’arte, la gente comune (e anche gli investitori istituzionali) perdano un po’ la testa. Tutto andrà a posto, ma proprio sicuri non si può esserlo.
Nel dubbio i soldi rimangono dove sono. Per comprare Btp o altro titolo di Stato c’è tempo. Ogni anno il governo italiano deve trovare 400-500 miliardi sul mercato: quindi le emissioni non mancheranno.
Meglio aspettare, allora, che le nubi se ne vadano e che la manovra sia approvata con tanto di timbri del parlamento e con la benedizione di Bruxelles.
Italiani brava gente, ma anche ragazzi prudenti.
QN.NET