Il dispositivo che depura l’acqua salata sfruttando il segreto delle mangrovie
Il prototipo creato dal Politecnico di Torino è stato testato nel mare di Varazze e ha dato buoni risultati. Funziona così. «Ispirandosi alle piante, che trasportano l’acqua dalle foglie alle radici, il dispositivo raccoglie l’acqua marina usando un semplice materiale poroso, evitando quindi l’uso di costose e ingombranti pompe», spiegano Matteo Fasano e Matteo Morciano. Poi interviene l’energia solare, che scalda l’acqua e la fa evaporare, così il sale si deposita. Poi l’acqua si ricondensa, ma grazie alla membrana ispirata alle mangrovie resta separata dal sale. L’innovazione sta nel processo «passivo», che non ha cioè bisogno di pompe, ventilatori e sistemi di controllo: si basa su fenomeni naturali. «Rispetto alle soluzioni precedenti – sostengono i ricercatori – il nostro sistema permette di raddoppiare la quantità di acqua prodotta a parità di energia solare impiegata, e si potrà migliorare ancora. Abbiamo raggiunto valori record di produttività: fino a venti litri al giorno di acqua potabile per ogni metro quadrato esposto al sole». La chiave sta nell’uso di processi di evaporazione a cascata. «È la prima volta che questa strategia viene applicata in tecnologie di dissalazione».
Il team lavora su questo tema all’interno del Clean Water Center, un centro interdipartimentale del Politecnico, e ora cercano partner industriale per sviluppare il prototipo. Pensano ad applicazioni in aree in cui il sovrasfruttamento delle falde causa infiltrazioni saline, come in Puglia, o per trattare aree inquinate da impianti industriali.
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