Fanno i solidali con le nostre tasse

Francesco Forte

I sindaci delle varie specie, di sinistra e dei 5 stelle o fuoriusciti, che s’oppongono alla legge sulla sicurezza sostenendo che essa è incostituzionale e anti umanitaria, si sono dimenticati di chiarire con quali soldi pensano che si debbano pagare i costi del loro «nobile atto» di rifiuto.

E, purtroppo, la spesa, sarebbe a carico dello Stato, con nuove tasse e deficit statali o con nuovi ripiani dei debiti dei servizi sanitari e nuovi soldi agli enti locali o nuovi loro debiti, scaricati sulla legge di bilancio. Oppure i Comuni potrebbero farsi carico degli atti umanitari che mancano nella Legge sicurezza di Salvini con economie di bilancio, aumentando le tasse locali. La Legge sicurezza, che questi sindaci si ostinano a chiamare decreto, come se non fosse emanata dal presidente della Repubblica – che ha il potere di rimandare le leggi alle Camere, quando ritiene che esse violino la Costituzione in modo palese – restringe i casi in cui gli immigrati hanno diritto di asilo, a quelli che sono tali secondo le norme internazionali sui profughi, a cui l’Italia ha aderito; stabilisce che possono avere la «residenza» in un dato comune, solo se vi abbiano un domicilio, non concede agli immigrati irregolari che ci sono in Italia diritti eguali a quelli dei regolari. In particolare, ciò emerge con chiarezza nel caso specifico dell’articolo 13 della legge Salvini, che secondo Leoluca Orlando, sindaco di Palermo, sarebbe incostituzionale. Secondo questo articolo il permesso di soggiorno rilasciato ai richiedenti asilo è un documento di riconoscimento che – a differenza di quanto avvenuto in passato dà diritto alla residenza solo se il richiedente ha un domicilio, che indica, nel comune.

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