Borse in affanno con trimestrali Usa e petrolio. A Piazza Affari giù St e Cnh
Per analisti vendite fisiologiche
Le Borse europee hanno iniziato le contrattazioni con il segno meno, risentendo di un atteggiamento prudente degli investitori
in vista degli appuntamenti cruciali dei prossimi giorni, tra cui appunto quello con la Fed. I listini, poi, hanno ampliato
i ribassi dopo l’apertura negativa di Wall Street. Nel pomeriggio, per altro, ha parlato anche il numero uno della Bce, Mario Draghi, dinnanzi al Parlamento europeo,
ribadendo che persistenti incertezze globali pesano sull’Eurozona.
Draghi ha comunque confermato che «significativi stimoli
di politica monetaria restano essenziali per sostenere l’ulteriore
aumento delle pressioni dei prezzi e gli sviluppi dell’inflazione
complessiva nel medio termine».
- AUDIZIONE AL PARLAMENTO EUROPEO
- 28 gennaio 2019
Draghi: un Paese perde sovranità se il debito è troppo alto
Gli esperti ritengono che una frenata dei listini sia del tutto fisiologica, dopo la corsa messa a punto dai principali indici da inizio anno: Milano ha recuperato oltre l’8% nelle prime settimane del 2019.
Male Cnh e St, debole anche Eni
A Piazza Affari sono andate male le Cnh Industrial(-3,77%),
penalizzate dai conti deludenti pubblicati dalla concorrente Usa,
Caterpillar. In più anche l’outlook per il 2019
dipinto dal gruppo Usa non ha convinto, con il ceo, Jim Umpleby, che
ha spiegato che le previsioni mettono in conto un incremento
«modesto» delle vendite. Cnh Industrial, invece, pubblicherà i conti
del quarto trimestre il prossimo 7 febbraio, quando i
vertici dell’azienda potrebbero fare il punto anche su eventuali
operazioni straordinarie. Comunque oggi sono passate in
secondo piano le indiscrezioni in base alle quali i cinesi di Geely e
gli indiani di Tata Group sarebbero interessati a Iveco.
Hanno perso quota anche Stmicroelectronics (-2,2%), dopo che la società di microprocessori Nvidia ha tagliato le stime sui conti dell’ultimo trimestre 2018, di cui
fornirà i dettagli il prossimo 14 febbraio. A questo punto le attese di Nvidia sono per ricavi pari a 2,2 miliardi di dollari
e non più a 2,7 miliardi. L’azienda ha citato un «deterioramento delle condizioni macroeconomiche, specialmente in Cina».
Eni ha lasciato sul parterre lo 0,96%, risentendo della debolezza del greggio e nonostante la mega-operazione negli Emirati Arabi.
- il colosso dell’oil&gas
- 27 gennaio 2019
Eni, maxi-accordo negli Emirati per l’acquisizione del 20% di Adnoc Refining
Nel dettaglio il gruppo petrolifero ha firmato un contratto con Adnoc per rilevare la quota del 20% della società Adnoc Refining, per un controvalore di 3,9 miliardi di dollari, dei quali 3,3 miliardi pagati cash. Allo stesso tempo il gruppo austriaco Omv ha acquistato il 15%. I tre partner (Adnoc, Eni e Omv) creeranno anche una joint venture per la commercializzazione dei prodotti petroliferi. Gli analisti hanno espresso giudizi positivi sull’operazione. Secondo Mediobanca Securities, la mossa va a supportare la revisione del portafoglio di Eni da un punto di vista geografico accentuando il focus sul Medio Oriente. Consente inoltre di aumentare le dimensioni e la diversificazione del business downstream che, dopo la transazione, vedrà un incremento del 35% delle capacità di raffinazione. In più, secondo gli esperti, Eni può permettersi l’acquisizione da un punto di vista finanziario alla luce della sua forte generazione di cassa alla quale potrebbe aggiungersi l’eventuale vendita di asset. Secondo numerosi analisti l’operazione spingerà il livello degli utili di Eni, con Deutsche Bank che stima il contributo attorno a 200 milioni di dollari (pari al 3% degli utili per azione attesi nel 2019).
Bene la Juve, ancora in rialzo Azimut
Per contro sono andate bene le azioni della Juventus Fc
(+1,7%), che hanno festeggiato la vittoria sulla Lazio e l’allungo in
classifica per il campionato di Serie A: il club bianco-nero
vanta infatti 59 punti, con uno scarto di undici punti sulla seconda
squadra, il Napoli. Sono inoltre state gettonate le Buzzi Unicemi (+1,5%), beneficiando del giudizio favorevole di Equita, che ha raccomandato un ‘Buy’, scomettendo sulla crescita dell’azienda
per quest’anno. Azimutt
(+1%) ha continuato a percorrere la strada del rialzo, ancora sull’onda
del nuovo metodo di calcolo delle performance fees
su fondi lussemburghesi che favoriscono le sue valutazioni. In più
nei giorni scorsi è emerso che Blackrock ha una partecipazione
“in strumenti finanziari” pari al 4,9% del capitale. Si sono opposte
alle vendite anche A2a (+0,58%), Davide Campari(+0,39%), Saipem (+0,3$%) e Snam Rete Gas (+0,3%).
Intek e Retelit in volata fori dal Ftse MIb
Fuori dal paniere principale, sono volate leIntek Group (+7,9%), dopo l’accordo raggiunto con la cinese Hailiang per la cessione delle attività relative alla produzione di barre
di ottone in Germania e Italia e di tubi in Germania e Spagna. Il corrispettivo è di 119 milioni oltre al circolante e al
rimborso dei prestiti infragruppo esistenti. Si sono inoltre messe in evidenza leRetelit
(+8,1%), sull’ipotesi di un rafforzamento nel capitale da parte del
secondo azionista, il veicolo Fiber 4.0, attualmente
titolare del 12,8% circa. Secondo quanto riferito da Radiocor nei
giorni scorsi, Fiber (guidata da Raffaele Mincione e da
Stefano Giorgetti) starebbe ragionando su diverse opzioni per
aumentare il proprio peso nella società di infrastrutture e
servizi di connettività, anche in vista di operazioni industriali che
il management di Retelit sta valutando insieme all’advisor
Nomura. Sono invece precipitate dell’8,9% le De’ Longhi, proseguendo nella strada del ribasso imboccata dopo avere pubblicato venerdì scorso i dati preliminari sulle vendite del
quarto trimestre e del 2018 (776 milioni di euro negli ultimi tre mesi dell’anno, +5,7% anno su anno, contro i 788 milioni
attesi dal consensus). .
Euro sopra 1,14, scivolone del valore del greggio
Sul fronte valutario, l’euro
si è rafforzato rispetto al dollaro, sopra quota 1,14, sotto la quale
era invece sceso in mattinata. Ha perso quota la sterlina,
nell’attesa della posizione dei Parlamento inglese sul piano B di
Theresa May.
Ha ingranato la retromarcia il prezzo del petrolio, sul timore che la produzione Usa aumenterà, dopo che venerdì scorso è emerso che è salito il numero di piattaforme attive
nella ricerca di greggio negli Stati Uniti: il wti, contratto con consegna a marzo, accusa un ribasso del 4,2% portandosi
a 51,42 dollari al barile.
(Il Sole 24 Ore Radiocor)
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