L’allarme dell’Unhcr: “Otto migranti su dieci riportati indietro nei lager libici”

È un trend nuovo e preoccupante quello registrato nel dossier dell’Unhcr sui “Viaggi disperati”, un trend di rischi crescenti per un flusso migratorio che non si ferma caratterizzato negli ultimi sei mesi dell’anno dal vuoto nei soccorsi in mare, dai porti chiusi in Italia e dall’assenza di quell’automatico meccanismo di sbarchi e condivisione dei migranti tra gli Stati europei che Unhcr e Oim sollecitano per evitare i ripetuti casi di navi costrette a rimanere in mare per giorni in attesa dell’assegnazione di un porto sicuro. Circostanze che danno la percezione del fenomeno migratorio come emergenza quando emergenza non è. Un dato su tutti: oltre un milione di migranti arrivato in Europa nel 2015, appena 139.000 nel 2018, la metà dei quali arrivati in Spagna diventato il primo paese di approdo con oltre 65mila persone a fronte dei 23.400 sbarcati in Italia e dei 50.500 in Grecia. 

Chi è stato intercettato e riportato nell’inferno libico ci riproverà affidandosi ai trafficanti perché “meglio rischiare la morte che rimanere in Libia”. Per questo l’Unhcr chiede con forza un intervento sul governo libico perché le persone soccorse non vengano sottoposte ad una detenzione immotivata e perché vengano incrementati i corridoi umanitari per portare in Europa, per vie legali, i rifugiati in condizioni di vulnerabilità: 2.404 le persone evacuate dalla Libia, sei volte di più che nel 2017 ma ancora troppo poche. 

REP.IT

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