A Chigi tre uomini soli

Una svolta dopo giorni di indecisione e tentennamenti che manda gambe all’aria i piani di Luigi Di Maio. Che appena lunedì sera a Quarta Repubblica su Rete4 aveva tenuto la linea di corresponsabilità sul caso Diciotti come conseguenza del rifiuto dell’immunità: “Salvini ha sempre detto che vuole andare a processo, non lo impediremo, ma è una decisione che coinvolge tutto il governo, anche me e il premier”. La lettera del ministro dell’Interno è come un sasso lanciato nel vespaio del Transatlantico.

Il Movimento 5 stelle vacilla. Letteralmente non si sa che pesci pigliare. Per molti la linea di Salvini è ragionevole. “Non si tratta di uno che ha rubato o sparato a qualcuno – commenta un autorevole senatore – ma di un’inchiesta assurda su un atto di indirizzo politico del governo. Se diciamo sì ci perdiamo la faccia tutti”. Non sono pochi quelli che si attestano su questa linea. Ma sono di più gli oltranzisti. “Va processato”, tuona Luigi Gallo, deputato molto vicino a Roberto Fico. Dando voce a quello che è il pensiero maggioritario nel governo. “Ha ragione Gallo – commenta un esponente di governo – non possiamo permetterci un voto contrario. Ma è proprio un bel casino”.

Già, un bel casino. In entrambi i casi i 5 stelle hanno da perderci. Se votano no rischiano la rivolta della base, senza contare una tenuta del gruppo che diventerebbe assai incerta. Se votano sì si compatterebbero, mettendo tuttavia a forte rischio il governo. Una loose-loose situation. Dal mattino nei corridoi di Palazzo gira una voce: Conte e Di Maio si autodenunceranno formalmente, per conclamare la responsabilità collegiale del vertice dell’esecutivo.

Un’assunzione di responsabilità che l’inquilino di Palazzo Chigi fa da Nicosia, ma al momento solo sul piano politico: “Non sarò certo io a suggerire ai senatori cosa votare, saranno i senatori che giudicheranno la linea politica del governo”. Una sponda fortemente richiesta dal capo politico M5s, con il quale i contatti sono stati costanti, che si spera disinneschi la furia di Salvini in caso di pollice verso alla sua immunità.

Alessandro Di Battista aveva stressato la linea del Movimento pre-lettera salviniana, declinandola post con toni assai più netti: “Credo proprio che voteremo l’autorizzazione a procedere: poi cercheremo una soluzione tutti assieme. Mancano due settimane, si mettano intorno a un tavolo Salvini, Di Maio, Conte e Toninelli per trovare una soluzione che rafforzi il governo. Consiglio al ministro dell’Interno di rinunciare all’immunità, allo stesso tempo credo che Conte debba assumersi anche formalmente questa responsabilità”.

Difficile capire se sarà sufficiente. Il vertice di governo notturno viene preceduto da due incontri. Uno con Di Maio e i senatori 5 stelle che siedono in Giunta per le immunità. Dal quale arriva quella che sembra una frenata: “Non è stato un incontro risolutivo – dice ad Huffpost uno dei partecipanti – dobbiamo vedere bene documenti e istruttoria”. L’altro tra Salvini e i suoi a Palazzo Madama. “Andrò io in Giunta a difendermi direttamente”, spiega il leader del Carroccio al termine. E dunque entro sette giorni sfilerà a testa alta nel tunnel di telecamere e taccuini per andare a guardare in faccia i senatori alleati che potrebbero essere intenzionati a votargli contro.

A notte fonda il primo di quella che sarà molto probabilmente una girandola ininterrotta di vertici di governo sull’argomento. A sera, davanti la buvette di Palazzo Madama passa Maurizio Gasparri, che della Giunta è presidente. Inizia a spiegare come funzionerà la sua relazione introduttiva, i tempi e i modi, i come e i perché. “Voi giornalisti non capite nulla – dice sornione – ho letto un sacco di fesserie. Sono anche io iscritto all’ordine…”. “Come Di Maio”, scherza un malcapitato cronista. Il senatore si infuria e se ne va: “Ma come si permette, mi chieda scusa”, tuona allontanandosi, visibilmente irato. Così termina la vigilia del primo giorno dell’ennesima serie di giornate decisive per il governo gialloverde. Restate sintonizzati

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