Con lo stop alla Tav l’Italia rischia 5 anni senza fondi europei
marco bresolin, nicola lillo bruxelles – torino
La Commissione europea vuole «chiarimenti» dall’Italia sulla Tav. Ma non tanto sulla metodologia utilizzata nell’analisi costi-benefici: la stessa commissaria Violeta Bulc ha definito la relazione «non necessaria». Nell’incontro programmato per oggi, i funzionari Ue faranno un paio di domande molto «politiche» ai tecnici del ministero dei Trasporti. Interrogativi che poco hanno a che fare con gli aspetti tecnici della relazione prodotta dal team coordinato da Marco Ponti.
L’Italia vuole andare avanti con l’opera oppure no? Quando sarà presa la decisione del governo? In base alle risposte (che probabilmente non arriveranno oggi, e a Bruxelles ne sono ben consapevoli) si apriranno due scenari. Il primo: si va avanti con l’opera, ma bisognerà riscrivere il «Grant agreement», l’accordo di finanziamento firmato nel 2015. Nel documento visionato da La Stampa sono infatti elencate una serie di scadenze (al più tardi al 31 dicembre 2019) che certamente non saranno rispettate. Secondo scenario: il progetto viene archiviato definitivamente e si apre il confronto sui soldi da restituire, sulle penali da versare e sulle ulteriori conseguenze che non sono state quantificate in termini economici nella relazione tecnico-giuridica, ma che sono incluse nell’accordo di finanziamento. L’Italia rischia infatti di essere esclusa per i prossimi cinque anni da tutti i programmi finanziati con i fondi Ue.
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