Con lo stop alla Tav l’Italia rischia 5 anni senza fondi europei

È scritto nero su bianco a pagina 45 del «Grant agreement». Nel documento si legge che in caso di «seria violazione degli obblighi derivanti dal contratto» potrebbero scattare «sanzioni amministrative che consistono nell’esclusione da tutti i contratti e accordi di sovvenzione finanziati dal bilancio dell’Unione per un massimo di cinque anni dalla data di accertamento della violazione». Certamente si aprirebbe un contenzioso legale, ma per l’Italia il rischio (almeno potenziale) di perdere i finanziamenti Ue per cinque anni esiste. Un ulteriore costo che andrebbe aggiunto a quelli inseriti nell’analisi. Ma a Bruxelles i numeri della relazione interessano poco. «La Commissione – scrive Violeta Bulc in risposta all’interrogazione presentata dall’eurodeputata Mercedes Bresso (Pd) – ritiene che una nuova analisi costi-benefici relativa a questo progetto non sia attualmente necessaria». La titolare ai Trasporti ricorda che resta valida l’analisi fatta nel 2015, anche perché in quest’ultima «il coinvolgimento della Commissione non è stato richiesto». Ciò che interessa davvero, invece, è sapere se l’Italia vuole veramente andare avanti con la Tav, anche per decidere eventualmente su quali progetti reindirizzare i fondi Ue già stanziati per l’opera.

La scelta comunque «sarà politica – ammette il premier Giuseppe Conte – e non sarà condizionata da posizioni preconcette». Conte definisce l’analisi «trasparente», così come il responsabile della commissione Marco Ponti: «Abbiamo alcuni premi Nobel che ci sostengono», si difende il professore. Intanto i leghisti vanno all’attacco dei Cinque Stelle chiedendo la realizzazione della Torino-Lione: «Concludere il progetto costa meno che fermarlo», avverte il sottosegretario alle Infrastrutture Armando Siri .

LA STAMPA

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