Quota 100, Sud batte Nord nel pubblico corsa all’uscita
Perché
la fuga da un tipo di impiego di solito non usurante, e da sempre in
cima alle aspirazioni degli italiani? “La gran parte degli incarichi nel
pubblico impiego sono prevalentemente di carattere esecutivo – spiega
Schizzerotto – in genere solo ai dirigenti sono riservate le
gratificazioni psicologiche. Inoltre i trattamenti economici, un tempo
appetibili, hanno smesso di esserlo, ci sono stati una serie di
interventi nelle fasce intermedie, sono state congelati gli scatti di
anzianità, le progressioni di carriera e la mobilità sono molto
limitate”.
Se però gli uffici pubblici si svuoteranno, visto il rinvio dei concorsi alla fine dell’anno, ci potrebbero essere gravi problemi di gestione: da fonti Inps per esempio si apprende che dai dipendenti dell’istituto sono state già presentate 700 domande. Se venissero accolte tutte si rischierebbe la paralisi, proprio quando, per i prossimi tre anni, la mole di lavoro dell’Inps aumenterà. Quota 100 infatti, il provvedimento che permette di andare in pensione a chi ha almeno 38 anni di contributi e 62 di età, è una misura sperimentale, finanziata solo per i prossimi tre anni. “C’è una grande incertezza – rileva Giuliano Cazzola, esperto di previdenza, ex sindacalista e parlamentare – sono convinto che la gente in pensione ci andrà, anche se le domande presentate finora non sono rappresentative del totale, probabilmente una gran parte verrà rigettata per mancanza di requisiti”. Ed è anche probabile che dal settore privato il grosso delle richieste debba ancora arrivare, per le diverse modalità di organizzazione delle aziende rispetto agli uffici pubblici.
In testa finora il Sud, con 17.000 domande, un bel po’ di più rispetto alle 14.394 del Nord e alle quasi 11.000 del Centro. Anche in questo caso, non viene rispettata la proporzione tra occupati, che nel Mezzogiorno sono di meno. Ma forse è proprio questa una delle ragioni: sessantenni usciti dal mercato del lavoro in anticipo potrebbero cogliere al volo l’opportunità di avere almeno la pensione. L’altra ragione potrebbe essere la concentrazione di dipendenti pubblici nel Mezzogiorno: nella graduatoria delle città c’è in testa Roma con 3.383 domande, seguita da Napoli con 2.069 e Milano con 1.598. Tra le città con oltre 1000 domande spiccano Palermo, Catania e Bari, per il Nord c’è Torino.
Inattesa la consistenza delle domande di artigiani e commercianti: sommate arrivano a quasi 7.000. “I lavoratori autonomi hanno molto sofferto la crisi, a partire dal 2008”, osserva Schizzerotto. Difficile pensare che questa categoria di pensionati venga sostituito da giovani lavoratori, considerate le difficoltà del settore, soprattutto al Sud. In generale, è difficile pensare che quota 100 favorirà i giovani nella misura ipotizzata dal governo: “L’ipotesi che ci sia una corrispondenza 1 a 1 tra pensionato e lavoratore non regge. – dice Schizzarotto – non ci sono investimenti industriali, il lavoro è sempre più precario, molte attività svolte dai pensionandi sono scomparse o stanno per scomparire, se il ricambio sarà del 50% sarà già un successo, alla fine ci sarà comunque una riduzione della popolazione attiva”.
Ma forse la vera filosofia del provvedimento non è quella dell’1 a 1, osserva Cazzola: “Quota 100 e reddito di cittadinanza hanno la stessa filosofia: siccome non c’è lavoro, a te lavoratore stanco do la pensione, e a te giovane se non riesco a dare il lavoro do almeno dei soldi. Un’operazione che avrà conseguenze negative non solo negli uffici pubblici: penso che al Nord quota 100 porterà a un aumento del lavoro degli immigrati, ma comunque gli industriali faranno fatica a trovare il ricambio, c’è già adesso un grave problema di scarto tra domanda e offerta”.
REP.IT
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