L’illusione ottica della lista Calenda

C’è un dialogo con Pizzarotti, con i Verdi, con forze che si muovono nel campo dell’europeismo. Ma il nostro perimetro, che certo non contempla nulla con Lega e Cinque Stelle, non è il perimetro del centrosinistra col Pd”. Dunque Della Vedova, che il manifesto di Calenda non l’ha firmato, o va da solo o valuta che tipo di convergenza può trovare con il movimento di Federico Pizzarotti e i Verdi. I quali l’accordo per presentare una lista l’hanno già raggiunto. Ed è una notizia ufficiale. Proprio ieri, si legge in un comunicato, il consiglio federale dei Verdi ha approvato una mozione in cui “si valuta positivamente l’intesa raggiunta tra Verdi e Italia in comune per la presentazione di una lista ecologista e civica per le prossime elezioni europee”. Il lancio dell’operazione è previsto per il prossimo 23 febbraio a Roma al Teatro Quirino. È chiaro che il loro obiettivo è un “triciclo” con +Europa che intercetti un voto di opinione europeista, anti-sovranista, anti-populista, eccetera eccetera, ma comunque “fuori” dal Pd. Sembra un percorso definito, dettato da tante ragioni, compresa la paura di essere “inglobati” dal Pd in un listone unitario, sia come sia piuttosto irreversibile. Bene, tutto legittimo, sacrosanto, comprensibile. Ma allora torniamo alla domanda: di cosa stiamo parlando se, al dunque, quella proposta è sostenuta, neanche con tanta convinzione, solo dal Pd, se non di una illusione ottica?

Stiamo parlando di un’altra cosa. E cioè di un antico riflesso, che scatta nelle élite nazionali, in ogni fase in cui si va definendo l’assetto del centrosinistra, la sua leadership, il suo orizzonte politico e culturale. È evidente: la principale preoccupazione del pensiero corrente è evitare che l’appannamento di Renzi elimini quello che concordemente i grandi organi della borghesia italiana pensano sia il suo merito, ovvero aver sradicato il Pd dalla tradizione della sinistra italiana e, perché no, anche del cattolicesimo democratico, e averne fatto una forza politica nuova e senza identità. Ecco, c’è chi sogna un soggetto con una identità liberal-democratica, una sorta nuova Forza Italia senza conflitto di interesse. E chi un partito d’azione, magari un po’ più grande. Insomma, il listone europeista come terreno su cui “liquidare” il Pd, a maggior ragione oggi che la sua leadership, a giudicare dai sondaggi, sarà conquistata da un esponente, sia pur mite come Nicola Zingaretti, che viene dalla famosa filiera del Pci-Pds-Ds e che si pone il problema di dialogare con quegli elettori di sinistra, delusi e arrabbiati, che in massa sono andati a votare per i Cinque Stelle.

Questo è il punto. E in fondo sono in parecchi a sperare che vada poca gente ai gazebo del 3 marzo, a partire da Matteo Renzi, impegnato a preparare la sua “altra strada”. Dicevamo, il punto: andando all’essenziale, lo spazio politico dell’iniziativa di Calenda non muta il posizionamento entro il quale è maturata la sconfitta di questi anni e che ha trasformato il Pd nel partito della Ztl, forte nei centri storici dove abita il ceto medio riflessivo che compra ancora i giornali e debole nelle periferie dove tracima la domanda di protezione sociale. Un posizionamento fondato su una lettura dogmatica e impolitica dei Cinque Stelle, considerati, assieme alla Lega, due facce dello stesso populismo, a prescindere dalla diversità delle rispettive basi sociali. E sul rifiuto di ciò che sta a sinistra del Pd, per cui Pizzarotti può essere un interlocutore mentre Bersani resta il diavolo. E, neanche a dirlo, a nessuno è venuto in mente, nella stesura di manifesti e programmi, di farsi due chiacchiere col nuovo leader della Cgil Maurizio Landini, a cui nella scorsa legislatura si preferì Verdini, ma che nel frattempo appare – bastava farsi un giro a San Giovanni tre settimane fa – l’unico sussulto di vitalità della sinistra “sociale” rispetto all’afonia di quella politica. E non è un caso. Perché proprio l’osservazione di ciò che accade in Europa dice che le forze politiche più vitali sono quelle che hanno riscoperto le ragioni della sinistra, quelle di una critica alle iniquità della società capitalistica, dal partito laburista inglese a quello portoghese. Solo in Italia si prosegue con un dibattito da anni Novanta, secondo cui la sinistra si deve annacquare per riconquistare i moderati. Il problema è che questo dibattito riguarda sempre meno persone, perché i moderati sono tutti arrabbiati. Non leggono i giornali, non firmano manifesti, non ti votano o votano per altri.

L’HUFFPOST

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