Tusk dice sì allo slittamento alla Brexit. Ma la Ue detta le condizioni: vogliamo un piano preciso

marco bresolin inviato a bruxelles

La mossa che ha colto tutti di sorpresa, su entrambe le sponde della Manica, è arrivata ieri mattina via Twitter. L’autore è Donald Tusk, presidente del Consiglio europeo. Per la prima volta un esponente Ue ha aperto esplicitamente all’ipotesi di estendere i negoziati per la Brexit oltre il 29 marzo. Finora tutti si erano trincerati dietro il diplomatico «prima ce lo devono chiedere i britannici». Tusk invece ha fatto il primo passo. Doppio. Non solo ha detto che i leader devono essere «aperti» a una proroga, ma ha anche specificato che questa potrebbe essere «lunga».

Si tratta di una presa di posizione che potenzialmente rischia di incrinare il fronte dei 27, finora granitico su questo dossier. I leader non hanno mai discusso della questione e molti di loro restano contrari all’ipotesi del rinvio lungo per una serie di ragioni. Lo hanno fatto sapere, per esempio, i belgi e i lussemburghesi. Ma i destinatari del suo messaggio non erano i 27, bensì i britannici. Con quest’uscita, Tusk ha cercato in qualche modo di «spaventare» i Brexiters. Implicitamente ha fatto capire che l’Ue, in assenza di un accordo, è disposta a rinviare la Brexit di diversi mesi, in modo da lasciare il tempo per nuove elezioni o addirittura un secondo referendum (il polacco non ha mai nascosto questo suo desiderio). In altre parole, così facendo Tusk ha sostanzialmente offerto un assist a Theresa May, consentendole di avere qualche chance in più la prossima settimana. Quando per la terza volta cercherà un sostegno parlamentare all’accordo di uscita negoziato con Bruxelles.

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