Tusk dice sì allo slittamento alla Brexit. Ma la Ue detta le condizioni: vogliamo un piano preciso

Tutto è ancora in divenire. Il momento decisivo per l’Ue, comunque, sarà giovedì. In caso di richiesta da parte britannica, il Consiglio europeo dovrà discutere e decidere (all’unanimità) se concedere una proroga e di quanti mesi. Ma il paletto resta sempre lo stesso: «Londra deve dirci con chiarezza perché vuole una proroga». E sulla durata rimane il nodo delle Europee. La Commissione ha ribadito anche ieri che se il Regno Unito dovesse essere ancora nell’Ue il 23 maggio (data delle consultazioni) allora dovrà partecipare alle elezioni. Secondo un’altra interpretazione giuridica, si potrebbe arrivare fino al 30 giugno (come chiede Westminster), visto che il nuovo Europarlamento si insedierà da luglio. Ma al momento non c’è ancora una posizione chiara. L’avvocato generale della Corte di Giustizia Ue dice che si tratta di un problema «superabile». Sì, ma come? Certamente per una modifica dei Trattati non ci sono i tempi.

La partecipazione al voto dei britannici causerebbe più di un problema. A Bruxelles insistono nel dire che il rinvio della Brexit «non dovrà pregiudicare il corretto funzionamento delle istituzioni Ue». E qui scattano una serie di domande. Gli eurodeputati britannici «a tempo» voteranno la nuova Commissione? Il Regno Unito avrà un commissario pro-tempore? Il governo parteciperà ai lavori del Consiglio e ai negoziati sul prossimo bilancio? Che ne sarà della redistribuzione dei seggi tra gli altri Paesi? Come verranno sostituiti, poi, i parlamentari britannici? Risposte certe non ci sono. Per non parlare delle implicazioni politiche legate al fatto di avere ancora il dossier Brexit aperto per diversi mesi.

Michel Barnier insiste: «La situazione è grave, bisogna prepararsi al no deal». Il governo italiano ha annunciato che si sta muovendo in questa direzione, ma il ministro Enzo Moavero (Esteri) ha lasciato aperto la porta all’ipotesi di un’estensione lunga. Per i francesi questo sarebbe l’unico modo per rivedere l’accordo d’uscita, magari partendo dal piano dei laburisti che prevede la permanenza di Londra nell’unione doganale. Ma prima Theresa May ci riproverà un’ultima volta.

LA STAMPA

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