Brexit, Theresa May ha chiesto formalmente un rinvio allʼUe
Le due opzioni: rinvio breve o lungo – Nella lettara inviata a Tusk la May sapere se non altro la durata dell’estensione richiesta. L’opzione numero uno resta quella di uno slittamento tecnico “breve”, fino al 30 giugno e senza partecipazione britannica alle prossime euro-elezioni. Opzione la cui concessione sarebbe scontata e che tuttavia è collegata a doppio filo alla possibilità del governo di ripresentare l’accordo già bocciato pesantemente in Parlamento: una prospettiva slittata ormai a meno di sorprese alla settimana prossima, e quindi dopo il Consiglio europeo del 20 e 21, che dipende dal ricompattamento della recalcitrante coalizione di maggioranza Tory-Dup. Mentre la soluzione di un rinvio a più lungo termine – si parla di due anni – dovrebbe essere ancorata a una strategia nuova e radicalmente diversa su cui stenta a vedersi un consenso tanto nel governo quanto da parte di un fronte alternativo trasversale sufficiente alla Camera.
Il più classico cul-de-sac, insomma. Una situazione che fa temere all’Europa l’epilogo non voluto, ma potenzialmente automatico, del divorzio senz’accordo. Di qui i preparativi che tutti – governo Conte incluso, con l’annuncio per mercoledì di un decreto su misure di emergenza ad hoc – si affrettano a limare per parare gli eventuali contraccolpi. Ma anche i moniti, sempre più ultimativi a parole specie da parte di Parigi: la cui ministra per le Politiche Europee Nathalie Loiseau – nota per aver ribattezzato il suo gatto Brexit, data la sua smania di uscire di casa frenata dalla pigrizia – non esita a sbandierare lo spettro del no deal come uno sbocco oramai concreto.
Ue: estensione del rinvio deve essere utile perché ha dei costi – “Un’estensione deve essere utile perché ha dei costi, è un prolungamento dell’incertezza, e non possiamo concederla senza vere ragioni”, aveva del resto evidenziato in un ennesimo briefing da Bruxelles il capo negoziatore dei 27, Michel Barnier, dopo aver incontrato il vice della May, David Lidington. Barnier aveva affermato che Londra non può lasciare sul tavolo sia la proroga breve sia quella lunga (scelta rispetto alla quale le stesse sensibilità dei 27 paiono diverse, con l’Italia preferibilmente schierata ad esempio per la prima). “O è corta o è lunga, la vera questione è a cosa serve”, ha sintetizzato seccamente l’ex ministro francese rispondendo a una domanda in proposito. Non senza aggiungere che il congelamento prolungato non può essere per prendere tempo, andrebbe necessariamente “legato a qualcosa di nuovo, a un nuovo evento, a un nuovo processo politico”.
In parole povere o a un’altra Brexit, come quella più soft con permanenza nell’unione doganale su cui il leader laburista Jeremy Corbyn prova a far convergere quanto meno gli altri partiti di opposizione (finora con scarso successo); o un secondo referendum, che il popolo pro Remain tornerà a invocare in piazza a Londra sabato; o infine una crisi di governo con elezioni anticipate: probabilmente lo scenario più diretto, se la May non dovesse farcela.
TGCOM
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