Dopo il voto in Basilicata l’Italia del 4 marzo non c’è più
Proprio la regione più continuista d’Italia, passata dal pluridecennale assetto di potere democristiano di Emilio Colombo a un altro pluridecennale assetto di potere del centrosinistra, franato nella sua versione feudataria e dinastica, certifica un “grande cambio”. L’Italia del 4 marzo non c’è più, archiviata nell’immobilismo di una “strana alleanza”, mai diventata una “coalizione politica” ora che si è esaurita la spinta propulsiva del “contratto”. Paralizzata a Roma e conflittuale sui territori, e precipitata in un gorgo per cui questo conflitto elettorale permanente aumenta la paralisi.
Dicevamo, un’altra Italia, in cui vince Salvini, ma non è autosufficiente per correre al voto senza aver bisogno di alleati, in cui precipitano i Cinque Stelle che, ormai a ogni elezione dimezzano i voti e in cui esiste un centrosinistra diffuso, però ancora fragile e informe. Non una alternativa, nell’ambito di una irrisolta crisi del marchio Pd. Con la Basilicata, per la prima volta da parecchi anni, è avvenuto il “sorpasso”, fotografia della nuova Italia colorata di “blu sovrano”. Sono dieci, complessivamente, le regioni amministrate dal centrodestra, a trazione salviniana, contro le nove del centrosinistra.
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