La sfida di Di Maio sui porti: «Chiuderli misura occasionale. E su Tripoli non giochiamo a fare i duri»
Di Emanuele Buzzi
Luigi Di Maio è in viaggio verso gli Emirati Arabi per lanciare il suo piano per l’export, ma l’attenzione del vicepremier è sulla Libia. La situazione è drammatica. Un dossier degli 007, come rivelato dal Corriere, parla di seimila profughi pronti a partire. «C’è una crisi in corso, è vero. Il governo la sta monitorando giorno dopo giorno. L’obiettivo è garantire la sicurezza del nostro Paese e dell’area, delle aziende italiane e dei nostri militari che svolgono un lavoro straordinario a sostegno della popolazione locale. Bisogna avere testa in questi momenti e lavorare con responsabilità. Quel che sta accadendo non è un gioco, non è Risiko in cui uno si diverte a fare il duro con l’altro. Le parole hanno un peso».
Si riferisce alle dichiarazioni di Salvini contro la Francia?
«Ma
no, dico solo che se non si ponderano i toni il rischio è incrementare
le tensioni. E di fronte a un inasprimento sul terreno la possibilità
che possano riprendere gli sbarchi verso le nostre coste c’è, non è un
mistero. Quindi i primi ad essere colpiti saremmo noi, come Italia.
Ripeto: ci vuole responsabilità, non è uno scherzo quello che sta
succedendo. Dobbiamo fare squadra e giocare da squadra. La Libia non può
essere trattata come un tema da campagna elettorale, la Libia è un
interesse strategico del nostro Paese».
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