I conti del governo: reddito e Quota 100 costeranno 133 miliardi in più
di Federico Fubini
Più del caso del sottosegretario Armando Siri, più delle diffidenze e diversità ideologiche fra Movimento 5 Stelle e Lega c’è una riga — una riga sola — come un macigno sulla strada della maggioranza. L’ha scritta il governo stesso, l’ha approvata il Consiglio dei ministri con i voti dei vicepremier Luigi Di Maio e Matteo Salvini. È a pagina 62 dei Documento di economia e finanza che il governo stesso ha varato ufficialmente il mese scorso: «Maggiori spese complessive per circa 133 miliardi afferenti prevalentemente all’area “Lavoro e pensioni”. In particolare, si segnalano gli interventi per Reddito di cittadinanza e Quota 100».
La stima naturalmente riguarda l’intero periodo dei tre anni fino al 2021 e non tutto l’aumento della spesa nominale — stimata in euro e non in rapporto al reddito nazionale o Pil — è legato delle due misure-bandiera. Inciderà sia l’inflazione che l’adeguamento ai prezzi di un volume esistente di pensioni da circa trecento miliardi l’anno. Conterà probabilmente anche il fatto che i nuovi assegni previdenziali sono in media più pesanti e più numerosi di quelli che cesseranno alla scomparsa degli attuali beneficiari. Ma il volume dell’aumento di spesa pubblica previsto fino al 2021 resta enorme: pari quasi all’otto per cento del prodotto lordo del Paese, pari a un sesto dell’intero bilancio dello Stato attuale. In altri termini il governo sta mettendo in guardia che, dopo la legge di Bilancio di dicembre scorso, la dinamica della spesa corrente rischia di accelerare come mai era successo in anni recenti.
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