Tasse e cittadini: qualche taglio ma poca equità
di Ferruccio de Bortoli
Il mandato degli elettori è chiaro e dunque fa bene Matteo Salvini a provarci. Non sappiamo ancora quale sarà la proposta finale sulla cosiddetta flat tax ma potremmo cominciare col dire che di «piatto» non c’è nulla. L’ipotesi più accreditata parla di una riduzione da cinque a tre aliquote con il fatidico 15 per cento limitato ai redditi Irpef inferiori ai 50-60 mila euro. Sopra i 100 mila euro di guadagno ci si fermerebbe a un prelievo del 40 per cento. Il costo stimato a regime, di un’operazione che avverrebbe a più tappe, è di circa 30 miliardi, di cui probabilmente 10 in parte reperibili con l’assorbimento degli «80 euro» nell’ambito delle detrazioni per lavoro dipendente anziché, come è stato finora, nell’area delle maggiori spese.
La somma
Una somma comunque ingente che si aggiungerebbe ai 23,5 miliardi da trovare per scongiurare gli aumenti dell’Iva. Escluso il resto, ovvero le spese indifferibili (missioni estere, ecc.) e l’eventuale correzione di bilancio. Perché sarebbe paradossale, dopo tutti i solenni proclami, che si aumentasse qualche aliquota dell’imposta indiretta — di pertinenza lo ricordiamo comunitaria — per realizzare uno sconto su quelle dirette. L’universo delle deduzioni e delle detrazioni fiscali — un’autentica giungla lussureggiante di agevolazioni e in qualche caso di privilegi -—alle quali si vuole porre mano esclude formalmente l’Iva che è un’imposta comunitaria. PUBBLICITÀ
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