Debito, arriva il no della Ue all’Italia

I commissari europei, nella riunione a Bruxelles, dovrebbero decidere come trasferire il loro giudizio tecnico all’Eurogruppo/Ecofin. Possono proporre l’apertura di una procedura d’infrazione, assumendosi la responsabilità di un eventuale scontro con Roma, che gli renderebbe imbarazzante concedere flessibilità ad altri Paesi (dalla Francia ancora in deficit eccessivo, dopo esserla stata una decina di anni, fino alle pluriennali violazioni di Germania e Olanda della regola Ue sul surplus nelle partite correnti). E che potrebbe complicare ai 28 governi Ue il già difficile accordo sulle nuove presidenze di Commissione europea, Consiglio europeo, Bce ed Europarlamento.

I commissari, in gran parte, appaiono in linea con i rispettivi governi o partiti. Duri con l’Italia risultano gli europopolari vicini a Merkel, guidati dal lettone Valdis Dombrovskis, e i liberali nordici, che sostengono la collega danese Margrethe Vestager per la presidenza della Commissione. Un rinvio a dopo le nomine l’ha proposto il primo vicepresidente, l’olandese Frans Timmermans, candidato dei socialisti contro Vestager e l’eurodeputato popolare tedesco Manfred Weber. Venerdì a Bruxelles è atteso un incontro tra Sanchez e Costa con premier liberali, Mark Rutte dell’Olanda e Charles Michel del Belgio, e popolari, Andrej Plenkovic della Croazia e Kriujanis Karinu della Lettonia, sulle nomine. E sulla posizione da prendere con Roma.

L’alternativa è segnalare solo la deviazione nel debito. Il negoziato di Tria potrebbe continuare almeno fino a dopo l’accordo sulle europoltrone, che ora vede la cancelliera popolare tedesca Angela Merkel, appoggiata da governi liberali nordici, in contrasto con il presidente francese Emmanuel Macron e i premier socialisti Pedro Sanchez della Spagna e Antonio Costa del Portogallo. Entrambi gli schieramenti potrebbero fare aperture al governo M5S-Lega, se accettasse solo un commissario Ue, appoggiasse la stima di Tria di deficit migliore del previsto nel 2019 e non chiedesse uno «sconto» di vari miliardi sulla contribuzione al bilancio Ue, concesso in passato a Regno Unito, Germania, Olanda, Austria.

CORRIERE.IT

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