Il golpe dei magistrati: noi contro il governo razzista e xenofobo

Può parlare in questo modo un magistrato chiamato ad amministrare la giustizia in nome del popolo italiano? Tutto il popolo italiano? Eccome se può: questo è accaduto a Roma nei giorni scorsi, nell’adunata di quelle che un tempo si chiamavano le toghe rosse e oggi fanno capo ad Area. Ornano è inarrestabile e si produce in una serrata analisi del contratto di governo che regge l’inedita e traballante alleanza fra i due partner: «Nel nostro Paese abbiamo assistito ad un fenomeno nuovo, un contratto di governo, che a ben vedere pare un non senso politico». E perché mai? «Perché – è la pronta risposta – se la politica è mediazione e sintesi anche fra posizioni distanti e diverse, non è dato comprendere come questo possa accadere nella logica del do ut des».

Giudizio severo, ma la vera questione è un’altra: a che titolo un magistrato può dare voti, tutti naturalmente bassissimi, alla Lega, ai 5 Stelle e all’esecutivo?

Domanda posta in diretta da Claudio Rinaldi per Quarta Repubblica, il programma di Nicola Porro andato in onda lunedì sera; ma la replica, davanti alle telecamere è disarmante: «Le mie sono valutazioni tecnico giuridiche».

Un diluvio di scomuniche e anatemi accolti, a quanto sembra, senza particolari scossoni dalla folta platea proveniente da tutta Italia, anche se qualche imbarazzo si coglie nel servizio girato da Rinaldi. Avanti, dunque, con fulmini e saette: «Il parlamento appare essere sempre meno quel luogo, disegnato dalla Costituzione repubblicana, di confronto e di sintesi fra le diverse opzioni politico-culturali, per assumere sempre più spesso un ruolo notarile di ratifica di decisioni già prese dal Governo, o peggio, in taluni casi, altrove».

Ornano punta il dito contro il già bersagliatissimo Forum delle famiglie di Verona, poi infilza «buona parte delle politiche governative», bocciando una raffica di provvedimenti: «Decreto sicurezza, autodifesa legittima, riforma delle autonomie, sicurezza bis, decreto Pillon». Ma questa contrarietà, spiega il segretario di Area, non è preconcetta, ma nascerebbe dalla «problematica compatibilità costituzionale di questi interventi normativi».

La difesa della Costituzione giustificherebbe quindi una serie di plateali interventi a gamba tesa. Ornano anticipa eventuali obiezioni: la linea dura «non intacca la nostra imparzialità e terzietà perché ci rende leggibili». E può quindi lanciare la scomunica finale: «L’opzione securitaria porta con se un progetto e una visione di società in cui noi magistrati progressisti non possiamo riconoscerci perché é un progetto che postula una società chiusa». Non è una sentenza. È una condanna.

IL GIORNALE

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