Inquinamento e habitat stravolti: gli animali costretti a migrare
Orsi polari
Ormai
periodicamente circolano foto di orsi scheletrici e disorientati. Gli
scienziati stimano che tra cent’anni il re dei predatori delle nevi
potrebbe essere estinto. Lo scioglimento dei ghiacci sta infatti
riducendo giorno dopo giorno la banchisa polare, l’habitat sui cui
l’orso si muove per andare a caccia. Per rimediare cibo è così costretto
a nuotare per centinaia di chilometri, spesso portando con sé i piccoli
che rischiano di non sopravvivere. Altre volte, invece, gli orsi si
avventurano in territori abitati dall’uomo e vengono uccisi.
Krill
Come
in un gigantesco effetto domino, la riduzione del krill ha conseguenze
catastrofiche. È una sorta di microgamberetto alla base della catena
alimentare dell’Antartide: se ne cibano i cetacei, i pinguini, le foche.
Il surriscaldamento delle acque ostacola la sua riproduzione, con un
impatto a cascata su tutti gli altri animali. Gli studi scientifici
hanno rilevato una diminuzione generica del peso e della massa grassa
degli animali che si cibano di krill.
Ermellino
Le
sorti dell’ermellino sono il simbolo dei disastrosi effetti innescati
dal «climate change». Il piccolo mammifero ha due «vestiti»: d’inverno
indossa una pelliccia bianca per mimetizzarsi nelle nevi e sfuggire ai
predatori, nei periodi più caldi passa invece a un colore bruno. Le alte
temperature che sciolgono i ghiacci hanno sorpreso l’ermellino, che
rimane con «l’abito sbagliato» fuori stagione: senza il bianco delle
nevi diventa facilmente visibile, una preda fin troppo semplice. La fuga
verso Nord, in zone più fredde, è difficile: nel cammino i predatori
sono numerosi. E adattarsi ai nuovi ritmi della natura, magari cambiando
pelliccia, è complicato: richiede centinaia, se non migliaia di anni.
Tempo che l’ermellino non ha: la distruzione causata dall’uomo è più
veloce.
Leopardo delle nevi
Per secoli il
leopardo delle nevi ha vissuto indisturbato. A proteggerlo erano il suo
stesso habitat (nelle montagne tra Afghanistan, Pakistan e Bhutan) e le
bassissime temperature. La fusione dei ghiacciai è stata l’inizio della
fine: quei territori inviolati sono diventati accessibili all’uomo, che
ha iniziato a sterminare il leopardo delle nevi e ad appropriarsi del
suo habitat. In zone prime coperte dai ghiacci ci sono oggi allevamenti.
E la situazione potrebbe presto peggiorare: «Fioriranno attività
commerciali e studi per l’estrazione di petrolio», è la previsione di
Isabella Pratesi.
Ghepardi
La popolazione dei
ghepardi sta diminuendo in tutta l’Africa. Il responsabile, ancora una
volta, è il surriscaldamento globale. Ma si tratta di un riflesso
indiretto: le alte temperature stanno compromettendo la fertilità del
mammifero più veloce. Una situazione allarmante per un animale abituato a
vivere in zone calde. «L’unica soluzione è aumentare le aree protette,
dove la natura possa ristabilire il suo ritmo senza condizionamenti
esterni», dice Isabella Pratesi.
Balia nera olandese
I
cambiamenti climatici hanno creato uno sfasamento nei ritmi che
regolano la natura. Il caldo della primavera arriva con sempre maggiore
anticipo, creando gravi danni agli uccelli migratori come la balia nera
olandese. Alla fine del tragitto che la porta dall’Africa al Nord Europa
non trova più gli insetti e le larve di cui si ciba: arriva in ritardo
rispetto ad altri predatori. La balia non ha saputo adattarsi ai nuovi
ritmi e questa perdita di sincronizzazione naturale mette in pericolo le
covate. Dal 1987 la popolazione di questa specie è diminuita del 90%.
Stambecco
Lo stambecco è un simbolo italiano minacciato. Oggi i cuccioli hanno il 25% di chance di sopravvivenza, la metà rispetto a pochi decenni fa. Il caldo anticipato e i nuovi ritmi della natura hanno ridotto la vegetazione disponibile nel periodo in cui nascono gli stambecchi, che non riescono a nutrirsi adeguatamente. La popolazione del Parco del Gran Paradiso ha subito un rapido declino negli ultimi decenni. La «fuga» dalle aree protette verso ambienti più freddi è quasi impossibile.
LA STAMPA
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