La fiducia al governo,scontro in Aula: «Mummie, cadrete». Conte ascolta impassibile (e spuntano tonno e colla)
Impassibile sotto l’uragano
Oddio, se poteva sbagliare il veggente Calcante, per Omero il più bravo di tutti , figuratevi Schifani. Ma è lo stesso ex «Avvocato del popolo» a sapere che sarà dura in generale per il suo nuovo esecutivo, ma in particolare al Senato. Dove già ieri mattina, appena si è affacciato al suo posto in aula è stato accolto da una selva di urla e fischi e «buuuuu». Lui non ha fatto una piega. E non una delle quattro pieghe della sua pochette ha vibrato di emozione. Ma per ore e ore, dai banchi più in alto della Lega e dei Fratelli d’Italia dove ogni tanto appariva un cartello che i commessi si affrettavano a rimuovere, gli hanno scaraventato addosso insulti di ogni genere. E lui lì, sotto l’uragano. Impassibile. Appena appena l’accenno a un sorriso ironico durante l’intervento del senatore forzista Marco Perosino. Che dopo aver paventato col nuovo governo un futuro catastrofico con l’okay allo «ius soli a chi nasce e ai genitori e anche ai nonni che vengano a operarsi di cataratta e di ernia» e «droga libera per tutti» e «il suicidio assistito anticamera dell’eutanasia» e «l’utero in affitto, le adozioni gay, il gender e tutte le perversioni contro natura» ha affidato l’Italia al Cielo. Ma non solo alla «Bedda Matri» come faceva Totò Cuffaro. Di più, di più: «Prego la Madonna, San Francesco e Santa Caterina, patroni d’Italia, e San Pio da Pietralcina, che era un buono, affinché ci proteggano». Basteranno?
Il mini show di Licia Ronzulli
Un po’ meno apocalittico il «meloniano» Francesco Zaffini, armato lancia in resta contro tre comunismi contiani: il «comunismo del Pd di cui essi stessi si vergognano», il comunismo «paleolitico» di Leu e su tutti il «comunismo dei 5 Stelle, che possiamo tranquillamente chiamare comunisti inconsapevoli (inconsapevoli di tutto, anche dell’essere comunisti)». Da non perdere il mini-show di Licia Ronzulli, senatrice e braccio destro operativo di Silvio Berlusconi, che dopo aver denunciato «il governo della paura, che ha paura di andare al voto e che fa anche paura a tanti cittadini», tira fuori un piccolo armamentario e lo sparpaglia sul suo seggio per i grillini: «Vi regalo un lucchetto, che sostituisce l’apriscatole con cui dovevate aprire le istituzioni, mentre vi ci siete asserragliati e blindati dentro. Abbiamo poi il tonno, perché l’appetito vien mangiando e in questo caso anche l’appetito del potere. Quindi la colla, che vi tiene ben fermi sulle vostre poltrone e infine lo scotch, l’unico strumento, così fragile, che tiene insieme i partiti di questa maggioranza».
Urla belluine
Non meno divertente il siparietto tra Ignazio La Russa e la presidente del Senato Elisabetta Casellati. La vecchia volpe pizzuta della destra missina e poi aennina, oggi presidente di Fratelli d’Italia, si avvita con garbo in un ragionamento sulla inevitabilità che il Quirinale aprisse solo a una maggioranza parlamentare come quella individuata, inevitabilità che secondo lui non c’era… Tutto rispettoso, va detto, nel contesto delle urla belluine di questi giorni. Salta su la Casellati: «Presidente La Russa, sarebbe meglio evitare i riferimenti al presidente Mattarella, come lei sa». Mah… Il cuore della giornata, non poteva esser diversamente, resterà comunque lo scontro frontale tra Matteo Salvini e Giuseppe Conte. Col leader leghista che rinfaccia al «suo» ex premier d’esser un voltagabbana «inchiodato alla poltrona come le vecchie mummie della prima repubblica» e l’altro che gli risponde duro che è stato lui che «con una certa arroganza e scarse cognizioni di diritto costituzionale, ha ritenuto, nell’ordine, di attivare unilateralmente una crisi di governo, e questo è pienamente legittimo, ma poi di poter unilateralmente decidere di portare il Paese alle elezioni e ancor più unilateralmente di portare il Paese alle elezioni e alla campagna elettorale da ministro dell’Interno» nonché «unilateralmente e arbitrariamente di concentrare definitivamente nelle proprie mani tutti i pieni poteri».
Interessi di bottega
Botte di qua, botte di là. Urla di qua, urla di là. Con qualche dettaglio divertente. Come l’invettiva del Capitano del Carroccio contro «una nuova legge elettorale proporzionale per garantire a vita l’inciucio e i giochi di palazzo in Parlamento». Invettiva legittima, si capisce: non si dovrebbero fare leggi elettorali su misura dei propri interessi di bottega. Era curioso, però, vedere chi applaudiva alla sua sinistra l’indignato Matteo. Roberto Calderoli. Quello che s’inventò nel 2006 una legge su misura per fregare Romano Prodi dato per sicuro vincitore delle elezioni in arrivo: «Lo dico francamente», disse poi a Matrix, «l’ho scritta io ma è una porcata».
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