L’Italia dei due Mattei

Proprio così. Come se non si fosse accorto che allo stesso protagonista della scissione deve la nascita del governo, avvenuta con una disinvoltura tattica assolutamente trasparente e con la linearità di una gigantesca rimozione di ciò che è stato.

E chissà se è un caso che, proprio oggi, il premier è salito al Quirinale. Assicurano fonti degne di questo nome che la scissione non è stato oggetto del colloquio di un incontro programmato già da tempo, e che Conte non è salito per sfogarsi o per condividere ansie e timori. Però è altrettanto certo che al Quirinale la vicenda è stata vissuta con assai scarso entusiasmo. Preoccupazione è forse parola eccessiva, perché è chiaro che, almeno per ora, il governo non rischia. E finché non investe il governo la dinamica riguarda la vita dei partiti. Però si avverte una sensazione di distacco rispetto a un governo di cui vengono colti tutti i limiti strutturali, e non da oggi, al netto del mutato clima più civile il Italia e in Europa.

Anche questo disincantato mood presidenziale rivela una fragilità politica di un assetto in fondo non dissimile dal precedente, perché, proprio come il precedente, fondato su una sorta di crisi mediatica non dissimile da quella che abbiamo già vissuto. È questo il terreno della competizione, all’interno di un governo che, di fatto, è ancora fermo e di cui non si capisce l’agenda, la missione, la vocazione. E si appresta al prossimo cdm a non portare alcun provvedimento rilevante, di quelli che ne fissano identità e messaggio.

Insomma, novello Ghino di tacco Renzi ha già dimostrato il suo potere di condizionamento pubblico, proprio nell’altrui incertezza, prima ancora che nei numeri. Perché è chiaro che, pur essendo determinante al Senato, almeno per ora non ha nelle sue disponibilità la crisi e il voto, anzi ha bisogno di tempo per provare a ricostruire, dal Palazzo, una soggettività nel paese.

Sentite qui, come assomiglia al precedente questo inizio di film, con Renzi che dice di non volersi sedere “al tavolo con Di Maio e Zingaretti perché vale il programma di governo” (sufficientemente vago per poter dire quotidianamente di tutto) e Di Maio che fa sapere di avergli detto che non tollererà tensioni. E il Pd incastrato, in nome di quella famosa “responsabilità” che spesso diventata sacrificio senza contropartite. E che adesso è alacremente impegnato a sostenere Conte nel suo ruolo di anti-Salvini affidabile rispetto all’anti-Salvini inaffidabile e, scusate il gioco di parole, di anti-Renzi proprio in quanto anti-Salvini affidabile. C’è questo nel “noi pensiamo all’Italia” di Zingaretti, senza polemiche e strali proprio nel giorno più difficile: l’idea che l’unica via, anche per sterilizzare la scissione subita, sia il buon governo e la riuscita dell’operazione Conte. Nelle condizioni date è anche una posizione generosa, come è generosa la donazione di sangue. Risultato di due operazioni subite, il governo Conte e la scissione.

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