Ombre americane
Proprio nel giorno dell’arrivo di Pompeo in Italia, i quotidiani americani raccontano di una visita ‘segreta’ dell’Attorney general (ministro della Giustizia) statunitense William Barr nel nostro paese il 15 agosto scorso e, da ultimo, venerdì scorso. Stando a quanto riporta l’Adnkronos, avrebbe incontrato agenti ‘non operativi’ dei Servizi segreti italiani alla ricerca di prove dei sospetti di Trump: e cioè che ci sia anche la ‘manina’ straniera nella costruzione delle accuse dei Democratici americani sul Russiagate. In particolare, una ‘manina’ italiana, britannica, australiana e anche ucraina che avrebbe aiutato il lavoro del procuratore Robert Mueller, quello della Cia, dell’Fbi: lavoro che Trump vorrebbe demolire nella convinzione che si tratti di un complotto contro di lui.
Pesante. Sia per la segretezza della visita di Barr: a quanto se ne sa, ufficialmente mai comunicata alle autorità dello Stato italiano. E sia per il suo eventuale contenuto.
Nel Governo nessuno commenta. Davanti alle telecamere, Conte e Pompeo sfoggiano solo una stretta di mano e nessuna dichiarazione, se si esclude il blitz de Le Iene con tanto di consegna di un pezzo di parmigiano, minacciato dai dazi americani. Una nota della Casa Bianca esalta le buone relazioni con Roma, in ‘diplomatichese’ stretto. Tutto l’arco delle forze politiche in Parlamento, maggioranza e opposizione, ufficialmente non avanza nemmeno interrogativi su una questione che appare a dir poco curiosa oltre che preoccupante. E non risponde alle nostre richieste di chiarimento. Eppure, proprio poco prima di entrare a Palazzo Chigi, dal suo profilo ufficiale su Twitter, Pompeo lancia due colpi che sembrano missili.
L’obiettivo dichiarato sono i Democratici statunitensi. Ma la storia è il Russiagate, la richiesta di impeachment contro Trump accusato di aver tramato con i russi contro la candidata dem alla Casa Bianca Hillary Clinton nella campagna elettorale del 2016. Ancora: in un tweet di ieri, il segretario di Stato Usa chiama in causa i servizi segreti di Stati stranieri nella costruzione del Russiagate. Cioè nella costruzione di tutto l’impianto di accuse sostenute dal procuratore Robert Mueller contro il presidente degli Stati Uniti e finite in un niente di fatto ma nemmeno in un’assoluzione, un impianto che – dopo le rivelazioni sulla telefonata tra Trump e il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, in cui il capo della Casa Bianca avrebbe chiesto di indagare sul Dem Joe Biden, telefonata alla quale avrebbe partecipato anche lo stesso Pompeo – è il pilastro della richiesta di impeachment dei Democratici.
Pompeo lancia un “clear warning”, un ammonimento che lascia poco spazio al diplomatichese: “i tentativi di attori stranieri di minare la democrazia americana non resteranno senza conseguenze”.
Lo stesso Trump ha accusato i servizi “italiano, britannico, australiano, ucraino” in un’intervista a Fox news prima dell’estate. Ebbene, le rivelazioni di oggi parlano proprio di una scelta deliberata di mandare Barr in missione in Italia, in incognito evidentemente, per raccogliere prove sull’attivismo degli 007 del Belpaese contro l’inquilino della Casa Bianca, in combutta con i Dem americani. Naturalmente, è anche possibile che invece l’Attorney general sia stato mandato a cercare prove per costruire la difesa di Trump nel Russiagate. Secondo il Washington Post, Barr avrebbe chiesto ai funzionari italiani di fornire il massimo supporto al procuratore John Durham, incaricato di indagare sull’origine ‘torbida’ del Russiagate. Lo aveva già fatto a Londra, anche lì alla richiesta di aiuto agli 007 di Sua maestà per difendere Trump. Lo stesso obiettivo per cui il presidente Usa avrebbe sentito anche il premier australiano Scott Morrison, dato che l’indagine sulla campagna del tycoon cominciò con una dritta all’Fbi da parte di un diplomatico australiano.
Una storia avvolta nella nebbia. Possibile che nessuno in Italia sapesse della visita di Barr ad agosto, in piena crisi di governo, e poi solo la scorsa settimana, a governo insediato? Chi ha incontrato l’Attorney general? E chi ha informato del suo arrivo? Nessuna risposta ufficiale. Un silenzio che tradisce un evidente imbarazzo e che soprattutto rafforza i dubbi e gli interrogativi sullo ‘Spygate’.
L’HUFFPOST
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