Fra moralismo e realtà. Gli evasori, le tasse e i tartassati
Spesso il commerciante o l’artigiano (figure classiche: il ristoratore o l’idraulico che non fa la fattura) è visto come un parassita che vive alle spalle dei dipendenti che pagano le tasse: ma si ignora in quante e quali altre difficoltà, balzelli, pastoie burocratiche eccetera egli si trovi a operare. Faccio sempre l’esempio di un mio gommista, che mi disse di pagare 18.000 euro all’anno di tassa sui rifiuti. «Per forza», gli dissi, «con tutte quelle gomme da smaltire». Mi rispose che i pneumatici vecchi vengono ritirati da un consorzio privato, e che gli unici rifiuti da lui prodotti consistono, una volta alla settimana, in un sacchettino di bicchierini di plastica della macchinetta del caffè. E allora perché 18.000 euro all’anno? Perché la tassa viene calcolata a metratura.
È un piccolissimo esempio delle molte assurdità che colpiscono certe categorie che crediamo privilegiate. L’Italia si regge anche su piccoli imprenditori che impegnano i propri capitali, spesso pure la casa, e che perdono tutto se le cose vanno male. Giusto quindi che si perseguiti chi evade: ma bisognerebbe anche non tartassare chi lavora e dà lavoro (creando fra l’altro dipendenti pagati in busta paga, e quindi legioni di non-evasori).
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