Grillo e l’Umbria: è la fine del mondo

Lo stesso che hanno visto i 5 Stelle e Di Maio, che però qualcuno tra i critici immagina soddisfatto: «Non ha neanche fatto un comitato elettorale. È stata un’alleanza imposta dall’alto, per far fallire tutto e poter alzare la voce». Eppure nessuno più di Di Maio, oggi, ha bisogno del Pd. Perché non ha più carte da giocare: non può tornare indietro, da Matteo Salvini, e non può andare alle urne. Può rialzare la testa però, e quindi prova a congelare tutto, bloccando la trasformazione in alleanza vera con il Pd.

Buffagni: meglio soli

Il gruppo è diversamente furente. Ci sono i ministri esclusi dal governo, nostalgici della Lega, che contestano la convergenza con i dem. Più folto quello dei filo Pd che gli contestano le titubanze e l’accentramento del potere (chiedono un passo indietro da capo delegazione). Un fronte trasversale del disagio che rischia di coalizzarsi oggi nella tormentata elezione del nuovo capogruppo. Tra i critici si fa notare Elio Lannutti: «Quando si tradiscono principi e valori, si cercano ancora giustificazioni alle sconfitte plurime? Senza correzioni degli errori, andremo dritti verso l’irrilevanza, se non l’estinzione». Roberta Lombardi: «Quante sveglie dobbiamo prendere per capire che non è più tempo di traccheggiare?». Stefano Buffagni chiosa: «Meglio soli che male accompagnati. Appuntiamo il messaggio in foto in cameretta tutti». Bisognerà appuntarlo anche nella cameretta di Grillo. Oltre che di quella di Roberto Fico e altri dirigenti e peones del Movimento, poco convinti della «terza via», poco blairiana, lanciata da Di Maio.

CORRIERE.IT

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