Gianrico Carofiglio: «Salvini? Demagogo, non fascista. E durante Mani Pulite ci furono forzature»
di Aldo Cazzullo
I funerali delle vittime della strage di Piazza Fontana, avvenuta il 12 dicembre 1969
Gianrico Carofiglio, qual è il suo primo ricordo?
«Ho tre anni. Tolgo la marcia alla 600 di papà, che si arrabbia tantissimo».
Papà era severo?
«No. Io ero molto pauroso, mi terrorizzava il buio; allora lui mi dava un cuscino da abbracciare. Poi per fortuna è nato mio fratello Francesco. Voglio scrivere un libro che comincia così: “Da bambino avevo paura di tutto”».
E il primo ricordo pubblico?
«Il match Benvenuti-Griffith. Era il 1967».
Ricorda anche il Benvenuti-Monzon del 1971? Con l’asciugamano bianco che vola dall’angolo del nostro campione, per interrompere il massacro?
«Monzon era un killer vero: gettò la moglie dalla finestra. Ora che ci ripenso, mi ricordo anche l’alluvione di Firenze. Una città per me avvolta da un’aura mitica, dove avrei poi vissuto da magistrato. Un luogo magico come Parigi, dove ha vissuto mia madre. Rientrò per una malattia di mia nonna, conobbe mio padre ed eccomi qua».
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