Lo sguardo rivolto al passato

Nell’organo di governo del Mes le decisioni più importanti vanno prese con mutuo accordo e comunque l’Italia ha già una quota del capitale che le consente un potere di veto: dovremmo aver paura di noi stessi? I 19 Paesi che fanno parte del Mes contribuiscono non in base alla propria rischiosità, ma alle proprie dimensioni (popolazione e prodotto interno lordo). Quindi la Germania, il Paese che presenta meno rischi, contribuisce con la quota più elevata: non è questo un esempio di quella solidarietà che chiediamo ogni giorno all’Unione?

Le modifiche proposte riguardano principalmente l’attribuzione al Mes, insieme alla Commissione europea, ‘in collegamento’ con la Banca centrale europea, del compito di valutare la sostenibilità del debito dello Stato richiedente (qualunque istituzione che eroga un prestito deve farlo); la possibilità del Fondo di risoluzione delle banche di ricorrere al Mes se i propri fondi non fossero sufficienti per intervenire sulle banche in difficoltà (considerato l’ammontare di titoli del debito pubblico in possesso di banche italiane, questo ampliamento è nell’interesse anche dei risparmiatori italiani); l’aggiunta di un altro controllore del debito pubblico (composto dai 19 governi dell’eurozona) alla Commissione europea (ma senza che il suo controllo produca effetti, se non viene richiesto il suo intervento). Il dubbio sollevato da qualche critico riguarda il potere del Mes (reso più incisivo) di condizionare il suo intervento a una ristrutturazione del debito. Ma chi presterebbe risorse finanziarie a qualcuno che non sia in grado di restituirle? E lo Stato che non voglia sottostare a tali condizioni non avrebbe sempre l’opzione di non ricorrere al Mes?

Dovrei concludere che si è fatto molto rumore per nulla e che stiamo perdendo un’altra buona occasione per far sentire la nostra voce nell’Unione europea. Ma vorrei aggiungere che, forse, non tutto il male viene per nuocere. Coloro che dovranno negoziare a Bruxelles potrebbero far valere proprio queste continue difficoltà avanzate dai nostri sovranisti per ottenere una rapida approvazione dei progetti relativi al completamento dell’Unione bancaria, alla assicurazione sui depositi, al bilancio dell’Eurozona. Così diventerebbe utile anche lo sconcertante dibattito che si sta svolgendo, si darebbe un seguito a una recente apertura del ministro tedesco delle finanze e si seguirebbe una prassi europea e internazionale, quella delle decisioni dette a pacchetto, alla quale si ricorre quando è necessario non bilanciare due interessi contrapposti, ma contemperare una molteplicità di interessi divergenti.

CORRIERE.IT

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