Lo Stato entra nell’ex Ilva con Invitalia
Si diceva dell’entrata dello Stato. Il veicolo scelto, Invitalia, avrà una quota di presidio nella newco che nelle intenzioni del governo gestirà lo stabilimento tarantino. La quota, inferiore al 20%, è considerata di presidio, di garanzia, necessaria però anche a condividere il rischio con Mittal. In questa nuova società, però, non ci sarà spazio per i 10.700 lavoratori garantiti dall’accordo del settembre 2018. Il perimetro occupazionale sarà più ristretto e questa è una consapevolezza che sta prendendo sempre più piede nel governo. Il ministro dello Sviluppo economico Stefano Patuanelli non si sbilancia sui numeri: “È prematuro parlarne”. Un numero, però, circola con insistenza nelle stanze dei ministeri coinvolti dalla partita e si aggira intorno ai 1.800-2.000, a cui vanno aggiunti i circa 1.800 che attualmente sono in cassa integrazione. Non tutti sarebbero da considerare strutturali. Per quest’ultimi l’idea è quella di utilizzare al massimo strumenti di accompagnamento come la stessa cig o i prepensionamenti, con l’obiettivo di rendere meno rigido il processo di uscita.
Dove ricollocare invece i lavoratori che non usciranno in modo definitivo è un interrogativo che è ancora aperto. Il premier Conte parla di “una partecipazione di aziende pubbliche”. I nomi che trapelano sono quelli di Snam e Fincantieri, ma il progetto è da costruire. Bisogna ancora capire in che forma le due aziende potranno muoversi per assorbire una parte degli esuberi. Così come è ancora da definire il ruolo di Cassa depositi e prestiti, che sarà della partita solo nel cosiddetto cantiere Taranto, mentre resta esclusa una partecipazione nella newco. Il supporto della Cassa a Taranto potrebbe seguire il modello adottato a Genova, quindi sostegno alla progettazione di infrastrutture e alle imprese, oltre a interventi di social housing.
La trattativa ha un altro pilastro ed è quello relativo alla produzione dell’impianto pugliese. Il governo insiste per un forte accento sull’ambiente, da realizzare attraverso l’installazione di un forno elettrico a basso impatto. Lo stesso Patuanelli parla di “nuove tecnologie di produzione, fra cui l’uso del preridotto, del gas, di forno elettrico e in prospettiva guarda all’idrogeno”. È un punto su cui si insiste molto nella controproposta perché serve come base d’appoggio per giustificare la necessità di un numero ridotto di esuberi. Ed è una questione che i 5 stelle stanno spingendo tantissimo in queste ore anche perché il via libera al ripristino dello scudo penale – altro elemento cruciale della trattativa – potrebbe essere concesso proprio in virtù della garanzia che a Taranto si interverrà in modo deciso sulla questione ambientale.
Il governo sonderà la reazione di Mittal. Lo farà con la pressione degli operai che vogliono risposte. Oltre mille lavoratori dell’ex Ilva e dell’indotto, insieme alle sigle sindacali metalmeccaniche di Fim, Fiom e Uilm, partiranno da Taranto, direzione Roma. Martedì è in programma lo sciopero e la manifestazione convocata a piazza Santi Apostoli da Cgil, Cisl e Uil. Il titolo è Futuro al lavoro. Quello dell’Ilva, e non solo, è ancora da scrivere.
L’HUFFPOST
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