“Cosa aspetta Renzi a far rimuovere quelle foto?”. Intervista a Corrado Formigli
Formigli partiamo dall’inizio. Vi occupate della storia della casa perché avevate Matteo Renzi in trasmissione.
Esatto,
avevamo fissato un’intervista dopo due anni che non si sedeva nel
nostro studio. Tra l’altro lui con un post su Facebook aveva chiaramente
fatto capire che veniva anche a rispondere su quelle questioni, erano i
giorni in cui stava su tutte le prime pagine dei giornali.
Qual è stata l’impressione? Ha avuto la sensazione che il faccia a faccia avesse lasciato strascichi?
Assolutamente
no. Certo lui era molto nervoso, ma mi sembra anche comprensibile. Sia
perché lui vive questi momenti come una sfida personale, sia perché era
una congiuntura in cui si sentiva molto sotto pressione. Quando lui se
ne è andato io sono rimasto in diretta, quindi non c’è stato altro oltre
a quello che si è visto.
Lei non è partito dritto sulla casa.
Siamo
partiti dalla politica, per poi passare alla fondazione Open, quindi
alla casa e infine sul suo ruolo di conferenziere. È stato un colpo su
colpo, lui se ne è andato visibilmente non felice per come era andata,
ma nulla di straordinario.
Quando si è accorto degli attacchi personali?
Quando
sono tornato a casa ho trovato i soliti insulti su Facebook e sui
social. Ma è una cosa che succede regolarmente, non mi allarma né mi
spaventa. Ovviamente questa volta erano tutti renziani. Il giorno dopo
scopro che su alcune profili di persone che si dichiarano sostenitori di
Renzi c’è una foto di casa mia, e post che la descrivono
dettagliatamente, il corridoio, il salotto, le camere, le scalette per
arrivare al terrazzo. Ma soprattutto l’indirizzo di casa.
Cosa le rimproverano?
Il
senso è “Formigli fa la morale a Renzi, ma ha una casa che costa anche
di più, vogliamo sapere dove ha preso i soldi per pagarla”. Un tono
impressionante, ovviamente con mille insulti sotto. In breve la foto
viene condivisa su tre pagine locali con intestazione e logo di Italia
viva.
Ha avuto l’impressione di un’azione coordinata?
La sensazione è che si siano messi in moto una serie di squadristi digitali, tutti insieme, come se ci fosse una regia.
Ma non rende pubblica la questione.
Innanzitutto
decido di fare causa ai responsabili. È la prima volta che lo faccio,
non mi era mai successo prima, ma c’è in gioco la mia privacy e la
serenità della mia famiglia. Poi, parlando con mia moglie, desisto dalla
prima reazione che era quella di rispondere pubblicamente, per gli
stessi motivi di cui sopra, per non dare ulteriore pubblicità a quanto
stava succedendo.
Veniamo ai messaggi con Renzi.
Gli
scrivo via Whatsapp. Gli dico della porcheria che si era messa in moto,
uso proprio questo termine. Gli mando i link ai profili e alle pagine e
gli spiego che sono tutte riconducibili a suoi sostenitori. Mi chiede
se voglia intendere che è colpa sua. Gli rispondo che naturalmente no,
che lo volevo sensibilizzare su quello che stavano facendo alcuni suoi
supporter. Mi risponde che avrebbe provato a sensibilizzare.
Per specificare: lei non gli ha mai chiesto una difesa pubblica?
Avevo
deciso di tenere la vicenda privata. Lui pubblica il suo post senza
avvisarmi, rende di pubblico dominio la questione della casa, viola il
patto di riservatezza dei messaggi personali che ci siamo scambiati,
omette che la porcheria della pubblicazione è legata a suoi sostenitori,
equipara in sostanza la vicenda delle due case, per difendere sé
stesso, non me.
Lei contesta l’equivalenza?
Io
gli ho fatto una domanda riferendomi a un caso giornalistico pubblico
su cui la Banca d’Italia ha aperto una verifica su segnalazione
dell’antiriciclaggio. È un senatore, già presidente del Consiglio,
attualmente azionista della maggioranza di governo, che ha preso un
prestito da un imprenditore che tre anni prima era stato nominato in
Cassa depositi e prestiti e che aveva versato 300mila euro alla
Fondazione Open. È normale fare una domanda, io non ho preso prestiti da
nessuno, non ho potere di nomina in partecipate pubbliche, sono un
privato cittadino che lavora per un’azienda altrettanto privata. È
legittimo porsi la domanda se ci sia stato uno scambio o è lesa maestà?
Dopo il suo post avete avuto modo di chiarirvi?
C’è
stato un ulteriore scambio di messaggi, nei quali sostanzialmente
ognuno è rimasto sulle sue posizioni. Ora io pongo due questioni.
Quali?
La
prima è che non se ne faccia una cosa personale. Il tema è se sia
possibile o meno fare domande a un leader senza essere devastato sui
social dai suoi supporter, tecnicamente squadristi digitali. Che segnale
pensa di dare Renzi in un clima come quello in cui siamo con una
risposta come quella che mi ha dato? Perché lui risponde con il più
classico dei “sì, però…”, è come se dicesse che in fondo me la sono
cercata, una solidarietà pelosa, quella del “chi la fa l’aspetti”.
La seconda?
In
questo momento le foto sono ancora presenti sulle pagine di Italia
viva. Cosa aspettano per attivarsi a rimuoverle? Secondo il regolamento
del partito o sono autorizzate a esibire nome e simbolo, e allora è loro
diretta responsabilità la rimozione, oppure non hanno quel tipo di
autorizzazione, e ugualmente è loro responsabilità chiuderle.
Aspetti. Sta dicendo che deliberatamente Italia viva sta lasciando online gli attacchi a lei e alla sua casa?
Alessio
De Giorgi, il responsabile social, nega l’evidenza. Dice che il mio
indirizzo non è desumibile da quei post. Lo sfido quando vuole a
dimostrarlo, gli dimostrerò il contrario. Si informasse meglio. O sono
capaci di autocritica, o sono complici. O, peggio, hanno partecipato
attivamente, ma questo non lo voglio credere.
Le era mai capitata una situazione del genere con un leader politico?
Mai,
mai nessuno, in presenza di minacce o insulti, avesse sottointeso che
in qualche modo me la fossi cercata per il lavoro che faccio. Ma a Renzi
sembra sfuggire cosa significhi essere una figura pubblica.
Inviterebbe di nuovo Renzi?
Anche domani. Se vuole venire a parlare dello squadrismo sui social e di come la politica lo alimenta. Ma non ci asterremo, come sempre, dalle domande scomode.
L’HUFFPOST
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