Brexit, e ora che succede? Dai visti per i turisti allo stop per i lavoratori non qualificati, ecco cosa cambia
Immigrazione: le novità
Con la Brexit avrà fine il regime di libera circolazione con l’Europa e Londra metterà in atto una politica sull’immigrazione che privilegia i lavoratori qualificati rispetto a quelli non qualificati: questi ultimi (baristi, camerieri, parrucchieri, come lo sono tanti giovani italiani che sbarcano qui) dovranno avere già un contratto in tasca prima di partire e potranno fermarsi solo per breve tempo (forse un anno al massimo), senza poter maturare il diritto alla residenza. Invece il personale come medici o docenti potrà ottenere visti di lavoro più lunghi (magari cinque anni) e acquisire la residenza permanente. Anche i turisti dovranno munirsi di passaporto e visto elettronico.
I prossimi negoziati
Da febbraio partiranno i negoziati che dovranno definire i rapporti futuri tra Gran Bretagna e Unione Europea: le intese raggiunte finora riguardano infatti solo i termini del divorzio, tutto il resto deve essere ancora definito. Con la maggioranza assoluta Johnson avrà mani libere, il che apre la porta a diversi scenari possibili. Con un largo sostegno alle spalle, Boris potrebbe agevolmente perseguire una «hard Brexit» basata su un vago accordo di libero scambio, sull’esempio del modello canadese: dunque qualcosa che allontanerebbe decisamente Londra dall’Europa e la spingerebbe verso quell’Anglosfera dominata dagli Stati Uniti. Ma dall’altro lato Johnson sarebbe anche privo di condizionamenti interni da parte del suo partito e potrebbe cercare al contrario di stabilire un rapporto di stretta vicinanza con la Ue, in modo da minimizzare le ricadute economiche della Brexit. Se i conservatori avessero ottenuto solo una maggioranza risicata, Johnson sarebbe riuscito a portare a termine il divorzio dalla Ue il 31 gennaio: ma dopo, le cose sarebbero state più complicate. Il premier sarebbe divenuto ostaggio delle fazioni interne al suo partito, soprattutto dell’ala più euroscettica e probabilmente costretto a perseguire una Brexit «durissima», senza escludere un «no deal» (nessun accordo) alla fine del periodo di transizione, che scade nel dicembre del 2020. Ci sarebbe l’opzione di estendere la transizione, ma gli ultrà euroscettici farebbero muro.
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