M5s, il gruppo Fioramonti spina nel fianco
La scissione tra i 5 stelle è sempre una cosa grave, ma non è mai seria. Lo sfaldamento, dal lontano 2013, avviene capillarmente, un lento stillicidio di singolarità deluse, travolte da ambizione, profondamente critiche che hanno mollato la baracca alla chetichella. Dopo il clamoroso caso di Grassi, Lucidi e Urraro che al Senato hanno abbandonato il Movimento accolti a braccia aperte dalla Lega, tocca alla Camera registrare due addii in contemporanea. Quelli di Nunzio Angiola e di Gianluca Rospi, che hanno fatto ciao con la mano puntando l’indice contro il “verticismo” e la “scarsa attenzione alla collegialità e ai parlamentari”. E a Montecitorio la storia non è finita, con il ribollire di chat e incontri tra gli uomini più vicini all’ex ministro Lorenzo Fioramonti, destinato a non rimanere solo dopo il suo addio. Se si aggiunge che i casi critici fra i morosi delle restituzioni ammontano a una quarantina, si ha l’idea del puzzle andato in mille pezzi.
Non è facile restituire il senso di quel che sta succedendo in Parlamento alla creatura politica che fu di Beppe Grillo. La frantumazione ha il minimo comun denominatore di una creatura politica cui manca un senso e una direzione, le cui spericolate oscillazioni prima a destra poi a sinistra dopo anni di rivendicata purezza hanno tolto identità e punti di riferimento. E di una leadership finora incapace di valorizzare il capitale umano a disposizione, arroccata in un fortino dal quale muove le fila di truppe che vanno via via assottigliandosi.
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