Libia, la lettera di Di Maio: “È vero, siamo in ritardo ma l’Italia può avere un ruolo solo se sa fare squadra”
di LUIGI DI MAIO
Gentile Direttore,
gli eventi degli ultimi giorni rischiano di cambiare irrimediabilmente il destino della regione mediorientale. Le milioni di persone che hanno riempito le piazze iraniane per celebrare la scomparsa del generale iraniano Kassem Soleimani sono il segno tangibile di un caos in cui incidono variabili articolate e complesse, in una cornice peraltro in cui l’onda lunga delle Primavere arabe ha ancora un peso determinante. Lo dimostrano i giovani iracheni che hanno occupato Piazza Tahrir il 25 ottobre. Lo dimostrano i giovani libanesi che scendono in strada da mesi.
Il raid Usa e la violenta risposta di Teheran, che l’Italia condanna con forza e che mette in pericolo la stessa incolumità dei nostri militari impiegati nella Coalizione anti-Daesh, rischiano oggi di aprire una crepa insanabile. Al contempo, gli sviluppi sul terreno in Libia e il recente bombardamento all’Accademia militare di Tripoli ci riportano a scenari di una familiarità inquietante, seppur in forme e contenuti diversi.
Dopo anni di immobilismo e difficoltà del sistema Italia, siamo di fronte a un bivio importante. Lo straordinario lavoro dei nostri tecnici, del corpo diplomatico, del personale militare e dei nostri apparati di intelligence è fuori discussione. Più discutibile è, invece, la capacità mostrata dalla politica nel saper integrare e mettere a sistema queste qualità e competenze. Credo sia giunto il momento di guardare avanti e pianificare, poiché il bivio in questione proietta una scelta chiarissima davanti a noi: o iniziamo a fare squadra, oppure ci relegheremo in un angolo senza via d’uscita.
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