Salvini e Di Maio come Romolo e Remo: così il capo leghista (rimasto solo) cercherà di resistere

di Francesco Verderami

Salvini e Di Maio come Romolo e Remo: così il capo leghista (rimasto solo) cercherà di resistere

Il bacio tra Di Maio e Salvini nel murales di TvBoy apparso a Roma nel luglio 2018

Erano i Romolo e Remo della Terza Repubblica, e come leggenda vuole ne è rimasto uno solo. In questi giorni però Salvini ha ordinato ai leghisti di non attaccare di Maio e i 5 Stelle, semmai di colpire Grillo e di affondare il colpo contro il Pd, perché c’è un disegno da portare a compimento.

Il disegno risale alla primavera di due anni fa, quando il Carroccio entrò a Palazzo Chigi insieme ai grillini con un duplice obiettivo politico. Il primo era drenare i voti che M5S aveva sottratto al centrodestra «in modo politicamente fraudolento», come disse l’allora ministro Fontana in un vertice di partito: «In realtà sono la quinta colonna del sistema ma la dimensione governativa li ridimensionerà». Giorgetti, teorico del progetto, osservando le dinamiche del Movimento si era convinto che l’esperienza giallo-verde non sarebbe durata «perché loro sono come eravamo noi nel ’94», quando una Lega alle prime armi resistette appena sei mesi al governo.

Ma il «contratto» era funzionale al secondo obiettivo di Salvini: puntare in prospettiva alla scissione dei grillini e con una costola dei 5S costruire una nuova coalizione, nella quale il «nuovo» alleato avrebbe sostituito il «vecchio», cioè Berlusconi. Incrociando alla Camera l’azzurro Giacomoni, che è uno dei consiglieri del Cavaliere, l’allora sottosegretario Molteni lo spiegò chiaramente: «Voi crollerete prima». In corso d’opera però Salvini fu chiamato a gestire il malumore dei suoi verso i 5S. «Dovrebbero darci un’onorificenza al merito della Repubblica», disse il viceministro Galli in una riunione: «In questo momento ci stiamo sacrificando perché il Paese possa rendersi conto che i grillini non sono capaci di governare».

La resilienza venne ripagata con il voto alle Europee, quando il Carroccio aprì M5S come una scatoletta di tonno. Visto che ora c’è l’esecutivo giallorosso e non ci sono state le elezioni, è evidente che il piano si sia inceppato. È vero che «Remo» si è dimesso da capo dei grillini, ma il «nuovo bipolarismo» immaginato da «Romolo» è minacciato da una riforma della legge elettorale di stampo proporzionale, dalla consapevolezza che la legislatura durerà fino al termine e dall’avvento di altri competitori sulla scena.

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