Divieti (e dubbi) nell’era social
di Fiorenza Sarzanini
Accade ormai per ogni elezione e anche questa volta la smania di apparire ha avuto il sopravvento. Alle 8,44 di ieri Matteo Salvini già impazzava su Twitter per ringraziare emiliani e romagnoli e da quel momento non ha mai smesso di «postare» foto, video, messaggi sui social. La «Bestia» del leader leghista è entrata in azione, incurante degli attacchi del centrosinistra e dei timidi tentativi di risposta con tweet di Piero Fassino e di qualche altro sostenitore di Stefano Bonaccini. Il leader leghista ha parlato di elezioni, ha attaccato il governo sui migranti, sulle carceri. E nel pomeriggio si è rivolto ai calabresi con un appello fin troppo esplicito a votare il centrodestra «perché da lunedì si cambia».
Quanto basta per chiedersi: ma che senso ha continuare a rispettare la legge sul silenzio elettorale? Nell’era dei social, dei politici che trascorrono ore a dialogare con i cittadini attraverso i «profili», è forse arrivato il momento di compiere una scelta concreta ed efficace in modo che nessuno sia penalizzato. La legge attuale vieta di parlare in tv o alla radio e invece non fa cenno a tutti gli altri mezzi di comunicazione. E già in passato i «richiami» dell’Agcom si sono rivelati un deterrente inefficace per chi fa propaganda ad ogni costo e fino all’ultimo minuto.
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