La psicosi per il virus cinese. Il vero nome di ogni nostra paura
Perché, se i morti sono così pochi? Perché? E tuttavia se sfogliamo l’agenda all’indietro vediamo che anche prima del virus cinese avevamo paura. Della crisi economica, degli immigrati, dell’impazzimento del clima, della guerra con l’Iran, della Sars, di Ebola, del terrorismo islamico, e prima ancora di quello rosso e di quello nero. Abbiamo sempre paura, e più una cosa ci è oscura, più ci atterrisce. Di volta in volta le diamo un volto e un nome, la materializziamo in un nemico in carne ed ossa o in un’ombra, diciamo «è quello che ci fa paura», oppure «è questo». «Ma non è neanche questo. E neppure sono i nostri rimorsi. E neppure è Dio. Ecco che cos’è: è la morte che viene, da tempo si è messa in cammino per ciascuno di noi e certe notti, nelle vecchie case deserte, allora la sentiamo venire»: così finisce quel racconto di Buzzati del 1946. È lei, l’Innominabile, a farci paura: da tempo l’abbiamo rimossa dalle conversazioni e perfino dal vocabolario, ma in qualche modo torna sempre, per farci fare i conti con il nostro limite.
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