Le artificiali complicazioni che impediscono di governare

Divide la politica e il mondo giudiziario. Lo provano le riserve contro la proposta del M5S, espresse nei giorni scorsi dal primo presidente della Corte di Cassazione, alla presenza del capo dello Stato, Sergio Mattarella. Un discorso seguito il giorno dopo da quello del procuratore generale di Milano, sui rischi di incostituzionalità del provvedimento. Ma nell’approccio dei partiti non è sempre facile capire dove finisca la voglia di giustizia e comincino pregiudizio ideologico o calcolo politico.

Su questo sfondo distorto, la vicenda della prescrizione sembra non avere soluzione: se non quella di uno scontro parlamentare nella maggioranza, con l’esecutivo in bilico al Senato. La destra spera che Renzi vada fino in fondo contro il M5S. Ma l’atteggiamento di Bonafede semina altrettante perplessità. Volere imporre una misura ereditata dal passato governo sa di forzatura.

La «bandierina» della prescrizione finisce per essere una mina collocata dentro Palazzo Chigi. Se nella maggioranza si diffida delle intenzioni renziane, pensare di farle venire allo scoperto su questo terreno significa offrire un pretesto a Iv. È naturale chiedere la mediazione di Conte, in quanto premier; ma con gli ultimatum reciproci diventa impervia. La domanda è se i contendenti vogliono trovare una soluzione, oppure dimostrare che la coalizione esiste solo sulla carta. Si tratti di un piano o di un’analisi sbagliata, il risultato è comunque di logorare il governo Conte. Si è tentati di declassare lo scontro a contraccolpo fisiologico di un futuro sistema proporzionale: il portato di un egoismo di partito che prevale su qualunque logica di alleanza e sul semplice buonsenso. Ma suona come un alibi, oltre che come anticipo di un trasformismo e di una conflittualità crescenti, figli di una legislatura tuttora zavorrata da troppe ambiguità.

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