Fate presto
Quando l’Italia, nel 2011, stava per essere messa alle corde dal virus dello spread, Il Sole-24 ore, titolò a tutta pagina «Fate presto», perché la comunità economica vedeva nello stallo della crisi politica di quelle settimane una minaccia reale alla sua stabilità.
Nove anni dopo vale la pena di riproporre quel titolo-appello, ben sapendo che cambiare un governo è assai più semplice che cambiare il coronavirus per renderlo innocuo. La comunità medica sta facendo il possibile, e a volte riesce a fare pure l’impossibile. Il medico «fa presto» per definizione, non ha bisogno di essere spronato. Non altrettanto si può dire della politica, i cui tempi spesso viaggiano su un fuso orario diverso da quello in vigore nel Paese.
Non è colpa del governo se ogni giorno che passa migliaia di imprese, esercizi commerciali e botteghe artigiane rischiano di chiudere per mancanza di ordini e clienti. Ma sarà colpa del governo se, come in campo medico, si lasceranno morire questi pazienti senza averle provate tutte, ma proprio tutte, per evitare la strage. Per questi signori serve un’immediata terapia intensiva economica, non importa se non convenzionale o sperimentale. Terapia che non può certo ridursi a qualche aiuto per chi si trova a vivere e operare nelle piccole zone rosse. Dal punto di vista del virus economico già oggi tutto il Nord è una zona rossa, se non addirittura l’Italia intera.
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