Coronavirus, qualcuno parli a questo Paese
Eppure, da quando è comparso in Cina, nella città di Wuhan, e l’11 gennaio ha causato la prima vittima, 50 giorni fa (appena 50); da quando la pallina, dopo aver rimbalzato in Corea del Sud, Giappone, Iran, è rotolata fino da noi, nella lombarda Codogno, il 21 febbraio, 10 giorni fa (appena 10), per poi schizzare impazzita nel resto d’Europa, nelle Americhe, nel Medio Oriente; da quando il tunnel si è materializzato, facendo sprofondare l’inizio del 2020 in una specie di botola dove non vale la logica dei numeri ma vince l’irrazionalità del panico, il nostro piccolo mondo si è chiuso in mondi ancora più piccoli, sperando che il male si scateni altrove, scansando il proprio cortile, e la nostra piccola Italia ha preso ad agitarsi come un formicaio disturbato da un bastone.
Sembrava e continua a sembrare impossibile che un virus a bassa letalità possa mandare in tilt il sistema glorioso della nuova era digitale, le potenzialità fantastiche dell’intelligenza artificiale, la convinzione universale che ormai agli umani niente è precluso, tranne il teletrasporto, per ora.
E invece tutto si è inceppato, le borse sprofondano, le stime di crescita si afflosciano, crollano le prenotazioni aeree e decollano le disdette di tutto, dai viaggi agli eventi internazionali. Le teleconferenze hanno sostituito le riunioni, la distanza tra le persone (almeno un metro o, meglio, due) è diventata l’unità di misura della convivenza. Si farà l’Olimpiade a Tokyo del prossimo luglio? Boh. In meno di due mesi, la pallina da golf con la corona ci ha rispediti in un altro evo, quello della precarietà e dell’incertezza. Un salto all’indietro così brusco da generare, comprensibilmente, sgomento e panico.
In questa lacerazione globale, noi italiani stiamo pagando uno dei prezzi più alti. Terzo Paese per contagiati dopo Cina e Corea del Sud, trattati dagli altri Stati come molti di noi hanno preteso e pretendono di trattare i migranti delle molte terre dei fuochi, indesiderati per contrappasso come potenziali esportatori del male, ci troviamo a fare i conti anche con una dissipazione del nostro valore di nazione, con lo spettro di una recessione rapidissima sullo sfondo di un’economia già provata e potenzialmente esposta al collasso. Il nostro sistema sanitario nazionale ci è già arrivato, al collasso.
In 10 anni sono stati cancellati 70 mila posti letto, mancano 8 mila medici e 35 mila infermieri. A furia di tagli, abbiamo debilitato le nostre difese immunitarie, fino a renderle assolutamente inadeguate a fronteggiare la gestione ordinaria, figurarsi un ciclone come quello che si sta abbattendo su un Paese che ha colpevolmente deciso di ammainare una delle bandiere della propria Costituzione, il diritto alla salute per tutti i cittadini.
Non potrà essere l’eroismo degli operatori impegnati allo sfinimento nelle zone rosse o gialle, dagli scienziati di epidemiologia agli addetti alle pulizie, a contenere il danno. Si stancheranno, quegli eroi, a un certo punto saranno costretti ad abbassare la guardia proprio nel momento in cui, invece, bisognerebbe alzarla e tenerla altissima.
C’è un dovere superiore, il bene nazionale, che imporrebbe di sostenerli specie adesso, che il tunnel è ancora lungo e la loro esperienza, maturata in un campo e in un tempo improvviso, può fare la differenza.
Salvo per l’irresponsabilità di qualche politico che conta di cavare vantaggio anche da questa infezione sociale, molto più perniciosa di quella virale, i toni di chi ha qualche responsabilità nella gestione della cosa pubblica sembrerebbero improntati a una sospensione di velleitarie ostilità da campagna elettorale. Se c’è un comune sentire italiano, questi sono i giorni per farlo emergere con fermezza contro ogni tentativo di sfruttare persino il Covid-19.
Serve una voce che con il massimo dell’autorevolezza parli al Paese, rimetta a posto gli sciacalli, plachi il panico che va diffondendosi e proietti dell’Italia, anche all’estero, a quanti ci stanno evitando come la peste, l’immagine di una nazione ferita ma fiera, capace di affrontare con dignità il baco inatteso del Terzo millennio.
REP.IT
Pages: 1 2