Coronavirus, l’infettivologo Rezza (Iss): «Troppi giovani in giro, da incoscienti»

Chiudere Roma come Milano?

«È una città molto a rischio, vulnerabile. Ogni giorno tante persone la raggiungono per lavoro e la sera tornano indietro. Bisogna agire prontamente».

E il resto d’Italia?

«Mi pare improbabile che l’epidemia non si diffonda ovunque. L’unico modo per fermarla sarebbe chiudere in stile cinese, ma in un Paese occidentale non si può perché bisogna fare i conti con i comportamenti umani. Pensiamo alle famiglie all’interno della propria casa e a quanto sia difficile fare vita distanziata. Ho un’esperienza personale. Mia figlia è tornata dalla Francia e mantenere le distanze nello stesso appartamento è un’impresa».

Ha sbagliato chi ha paragonato la Covid 19 all’influenza?

«Casomai si sarebbe dovuto parlare di influenza pandemica che è ben diversa. Dipende da un virus completamente nuovo, come in questo caso, e dunque trova una popolazione sprovvista di anticorpi. Sono stati messaggi fuorvianti, sento troppa gente che è convinta si tratti di una banale influenza un po’ più concentrata nel tempo. Non è così. Il tasso di letalità non è alto ma anziani e malati di altre patologie hanno un rischio elevato».

Fra i guariti quanti sono gli anziani?

«Contare quanti sono non ha significato. È importante invece sapere che il 98% dei positivi non hanno conseguenze gravi e possono non avere sintomi o averne di molto lievi. Ad esclusione del 5-10% degli ammalati che finiscono in terapia intensiva per polmonite, e che possono uscirne, gli altri tornano a una vita normale».

Sottovalutazioni?

«L’Italia è stata molto attenta fin dall’inizio cercando di controllare i cittadini cinesi di ritorno da Wuhan. Poi si è scoperto che ad aver portato il virus da noi è stato un tedesco dalla Germania, secondo uno studio pubblicato di recente. Ci sono state una serie di circostanze contrarie e il virus è arrivato mentre qui l’influenza era al picco della curva. Dopo l’esplosione del focolaio a Codogno abbiamo agito con tutte le misure concepibili in un Paese democratico».

CORRIERE.IT

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