Coronavirus, Conte e l’Aula semideserta: disinfettanti ovunque e deputati distanti: «Abbiamo fatto quello che potevamo, pronti altri 25 miliardi»

di Aldo Cazzullo

Coronavirus, Conte e l'Aula semideserta: disinfettanti ovunque e deputati distanti: «Abbiamo fatto quello che potevamo, pronti altri 25 miliardi»

Un deputato su sei. L’accordo è questo: per garantire la rappresentanza dei vari partiti, e pure la distanza di sicurezza. A occhio, sono anche meno. Camera semideserta. Non è tempo di guerra, ma di epidemia. Piazza Montecitorio vuota e zitta. Presidio dei carabinieri. Infermieri in tuta, guanti e mascherina prendono la temperatura a chi entra. Chiusa la buvette, anche qui neanche un caffè; chi vuole può chiedere un cestino da viaggio con due panini, una bottiglietta d’acqua e una mela; una ventina di onorevoli si prenotano. A ogni ingresso, a ogni porta, a ogni ascensore un dispenser di disinfettante, ogni parlamentare ha poi in dotazione la sua boccettina personale. Ognuno ha ricevuto una mail e un whatsapp: chiunque abbia sintomi non venga alla Camera e chiami il medico; chiunque abbia avuto contatti con un positivo lo comunichi immediatamente.

Quattro deputati hanno il virus – Claudio Pedrazzini del gruppo misto, Edmondo Cirielli di Fratelli d’Italia, Anna Ascani e Luca Lotti del Pd -, la Camera non può diventare un focolaio, a maggior ragione oggi che finalmente parla Conte. Il presidente del Consiglio non ha la pochette e ha qualche filo bianco tra i capelli nerissimi. Un commesso in mascherina verde e guanti bianchi gli porge il microfono. Mascherina e guanti anche per i deputati, li toglieranno solo per parlare. Dieci minuti di ritardo, il tempo di ascoltare il bollettino quotidiano, sempre drammatico ma oggi un po’ meno. Conte parte bene, accorato, cita i camion militari che portano via i morti, esprime la solidarietà ai familiari, si unisce all’applauso dell’aula, il momento più significativo della seduta, che dura due minuti. I restanti quaranta filano via noiosetti. Conte proprio non ce la fa a rinunciare al linguaggio forense, al «percorso normativo volto a contemperare», al «porre in atto», all’«intervento legislativo in corso di elaborazione».

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