Coronavirus, per il governo identità da reinventare nella «fase 2»
di Massimo Franco
Il tentativo cauto di ritornare alla normalità consegna un’Italia politica incapace di mostrarsi unita. Il governo di Giuseppe Conte riemerge forse più debole di prima dalla quarantena per la pandemia; ma puntellato, fuori e dentro la maggioranza, dall’incapacità delle opposizioni di proporre un’alternativa fattibile. La Fase 1 ha obbligato tutti a prendere atto che le ostilità contro Palazzo Chigi in un momento di emergenza erano controproducenti. La Fase 2 si apre all’insegna di un rigurgito polemico destinato a peggiorare per le incognite sulla ripresa economica; ma ancora senza sbocco.
Pensare che lo stallo possa essere una garanzia di sopravvivenza, però, è rischioso. Quando si afferma che il futuro del governo si gioca nelle prossime settimane, non si esagera. I malumori per il ritardo dei soldi alle imprese e a chi è in cassa integrazione sono oggettivi. E quando Conte se ne scusa mostra di capire quanto la situazione possa ritorcersi anche contro di lui, la cui popolarità alta comincia a essere in bilico. L’idea di inserire alcune donne nella squadra numerosa di Vittorio Colao, che accompagna la Fase 2, è un gesto doveroso ma non una garanzia automatica di efficienza.
Il Covid-19 ha rappresentato un banco di prova e insieme uno scudo per la maggioranza tra M5S, Pd, Leu e Iv. Una volta caduto, la scommessa è se la «ragione sociale» del governo andrà modificata, e come. Il sospetto è che lo scontro non si consumerà solo con l’opposizione di destra, radicalizzata dalla Lega e, in misura minore, da FdI, con Silvio Berlusconi attendista. Anche l’ultima proposta salviniana, di una «pace fiscale fino al termine della crisi», ha il sapore di un condono a beneficio degli evasori. Ed è stata accolta gelidamente, come un’ennesima trovata demagogica: nonostante il problema esista per molte piccole imprese.
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