Ecco i veri numeri della recessione
Malgrado le garanzie pubbliche sui prestiti, il quadro è pieno di incertezza anche nel rapporto fra banche e imprese. Il governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco ha correttamente precisato, la settimana scorsa, che il credito alle società non finanziarie è aumentato di 22 miliardi «nel bimestre marzo-aprile». Eppure qualcosa non sta funzionando perché gran parte dell’aumento (17 miliardi) è concentrato in marzo, mentre in aprile l’ingranaggio sembra essersi inceppato. Gilles Moec, capoeconomista di Axa, nota nei dati della Banca centrale europea che i flussi di credito alle imprese in Italia si sono quasi fermati in aprile, mentre continuavano a crescere con forza in Spagna e Francia. Forse fanno da freno le responsabilità legali imposte sui funzionari di banca nei casi di insolvenza. Di certo, a livello aneddotico, si registrano casi di banche che inducono le imprese a rimborsare vecchi prestiti non garantiti per sostituirli con nuovo credito garantito dallo Stato (anche se per certe operazioni ciò sarebbe illegale).
Forse anche per questo i cuscinetti di liquidità delle imprese non sono ampi. E nessuno oggi in Italia sa dire cosa accadrà dopo il 30 settembre: quel giorno scade la moratoria su circa 240 miliardi di rimborsi di interesse e capitale dovuti dalle aziende alle banche sui loro debiti preesistenti a Covid. Se non si fa nulla, quel momento può segnare un enorme aumento delle tensioni finanziarie delle imprese e un deterioramento dei bilanci bancari. Per non parlare delle tensioni nella finanza dei Comuni attenuate solo dall’aumento dei fondi perequativi, ma tutt’altro che risolte in vista dei prossimi mesi.
Il sedativo dei sussidi e dei rinvii per ora ha tenuto insieme il Paese, ma sta per venir meno. Presto serviranno altre risorse a debito, tante. Rinunciare anche a un solo euro a disposizione, fosse anche del Meccanismo europeo di stabilità, è un atto temerario.
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